I molti drammatici problemi della scuola richiedono urgenza e un cambio di atteggiamento di politica che riporti al centro l’ importanza della cultura
24 Agosto 2018 | di Rino Di Meglio
Finalmente a distanza di vari mesi dal voto, l’ARAN ci ha reso noti i risultati ancora peraltro provvisori delle elezioni RSU che confermano un buon risultato per le liste della FGU, sia in termini di voti che di percentuale. Un altro passo avanti nel consolidamento della nostra rappresentatività.
Dei risultati altrui non parliamo, lasceremo la parola ai numeri, i soli che possono commentare con sobrietà la vera situazione, per questo invitiamo i colleghi a verificare autonomamente cali e aumenti della rappresentatività dei sindacati. Per questi risultati desidero ringraziare tutti i nostri candidati ed il sacrificio dei coordinatori provinciali e di tanti dirigenti che lo hanno reso possibile.
Un risultato tanto più significativo in quanto abbiamo sempre contestato questa metodologia di misurazione della rappresentatività. Non rinunciamo alla speranza di un cambiamento.
Facciamo ora una breve analisi delle situazioni che ci vedono in attesa di indispensabili cambiamenti.
L’anno terzo dell’ era della cosiddetta “buona scuola” è coinciso con la caduta del governo che l’aveva fortemente voluta ed è un fatto acquisito, secondo numerosi commentatori, che il malcontento che a seguito di quella legge ha pervaso la stragrande maggioranza degli insegnanti abbia influito in modo molto negativo sulla sua sorte.
La nostra indipendenza dalla politica ci porta ad evitare qualsiasi giudizio sui governi, limitandoci a rappresentare la scuola e gli insegnanti e di volta in volta facendo delle aperture di credito, nella speranza, spesso andata delusa, che essi operino per il miglioramento delle condizioni della Scuola.
Entrambe le forze politiche che costituiscono il nuovo governo si erano impegnate nell’abrogazione delle parti della legge 107/2015 più contestate dagli insegnanti: chiamata diretta, titolarità sugli ambiti anziché sulle scuole, irragionevole rigidità dell’Alternanza scuola-lavoro, bonus merito, licenziamento dei precari dopo 36 mesi.
La Gilda, fin dal giorno dell’insediamento della nuova amministrazione, ha reclamato il rispetto delle promesse.
Sono trascorse poche settimane ed è sicuramente prematuro ogni giudizio, possiamo solo rilevare che il Governo sembra voler procedere a piccoli passi, augurandoci che i tempi non diventino troppo lunghi, perché l’apertura del nuovo anno scolastico è alle porte.
Al momento in cui scriviamo, l’unico testo di legge presentato è un piccolo emendamento al cosiddetto decreto “dignità”, che prevede l’abrogazione della norma che statuisce il licenziamento dei precari dopo il superamento dei 36 mesi continuativi di servizio. Avevamo invano segnalato l’assurdità di questa norma nel corso di numerosi incontri con gli esponenti del precedente Governo, senza alcun risultato, non possiamo quindi che essere soddisfatti della sua cancellazione imminente.
Per quel che riguarda la “chiamata diretta” se ne sono temporaneamente sterilizzati gli effetti attraverso la sottoscrizione del contratto sulla mobilità annuale (assegnazioni provvisorie ed utilizzazioni), un segnale positivo, ma ovviamente, ci auguriamo sia solo il preludio dell’abrogazione.
Per ora la scuola vive un momento di attesa e sospensione, nella speranza che si riescano ad affrontare il molti drammatici problemi che la affliggono.
Si deve intervenire con urgenza sul problema del precariato scolastico, la cui dimensione è abnorme, rispetto agli altri paesi europei; bisogna stabilizzare rapidamente le decine di migliaia di insegnanti che ne hanno una legittima aspettativa, anche in base alle sentenze della Corte Europea di Giustizia, e rivedere il sistema di reclutamento, affinché diventi snello ed efficace, è l’unico modo per evitare la fabbrica perpetua di precari.
Il contratto di lavoro è in scadenza e vorremmo un segnale concreto di rivalutazione del lavoro dei docenti: se gli aumenti contrattuali continueranno ad essere corrisposti nella medesima percentuale degli altri impiegati pubblici (rispetto ai quali sono meno pagati), qualsiasi recupero resterà una chimera, chi governa ha il dovere di studiare questa situazione ed individuarne una via di uscita.
Il clima nelle scuole è diventato difficile: classi sovraffollate, la sfida immensa dell’integrazione degli stranieri, bullismo in espansione, famiglie aggressive, una burocrazia ossessiva e, talvolta, dirigenti che creano un clima da caserma.
Non bastano, per invertire la rotta, solo le norme di legge, occorre un atteggiamento culturale di politica e mezzi di informazione che riporti al centro dell’attenzione l’importanza della cultura e rivaluti la figura di coloro che dedicano la loro vita alla sua trasmissione.
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