Un libro che consigliamo alla lettura, anche critica, anche per i nostri allievi che sono ancora, e per fortuna, portatori di suggestioni e speranze per un mondo diverso costringendo il lettore a porsi in termini costruttivi e propositivi di fronte agli enormi problemi mondiali attuali.
24 Agosto 2018 | di Fabrizio Reberschegg
Il "Manifesto per l'uguaglianza" è il recente saggio del prof. Ferrajoli che ha il coraggio di riprendere e analizzare in maniera lineare e chiara uno dei concetti più banalmente riprodotti in tutte le carte costituzionali e nei trattati internazionali senza che da esso derivino oggi pratiche concrete e politiche conseguenti. L'eguaglianza viene stipulata nella sfera giuridica perchè dal principio di libertà individuale di stampo prettamente liberale, frutto dell'illuminismo e della rivoluzione francese, deriva il riconoscimento che siamo differenti a livello soggettivo, ma come persone siamo riconosciuti astrattamente uguali a tutte le altre. Con la costituzione dello Stato democratico e delle sue istituzioni si identifica come elemento intrinseco del tessuto sociale e politico il principio fondativo del riconoscimento e della tutela delle minoranze, dei più deboli nella sfera politica, etnica, religiosa ed economica. La nostra Costituzione distingue, non a caso, l'uguaglianza formale e liberale prevista nel primo comma dell'art 3 , dalla cosiddetta uguaglianza sostanziale al secondo comma della necessità di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Si tratta di un principio costituzionale che obbliga a politiche che attuino effettivamente il principio democratico di uguaglianza superando il semplice paradigma liberale. Un principio dinamico, programmatico che si contrappone alla formalità cristallizzata del riconoscimento formale e soggettivo di uguaglianza.
Ferrajoli apre una seria riflessione sulla la contrapposizione tra libertà individuale di stampo liberale con la deriva neoliberalista che vede la disuguaglianza come motore della competizione e dell'efficienza economica nel capitalismo e la necessità di riportare al centro della politica i valori comuni, i beni comuni, la dignità delle persone- in quanto “ persone”- che per loro caratteristica non possono essere misurati e misurabili in termini economici tradizionali.
L'uguaglianza pone e deve porre limiti al concetto astratto di libertà basata sull'individualismo proprietario del neoliberismo, deve garantire il multiculturalismo senza che esso scada in semplice riconoscimento tollerante delle diversità, deve essere alla base della laicità del diritto e delle istituzioni pubbliche , è alla base della sovranità popolare e di uno sviluppo economico equilibrato ed ecologicamente sostenibile.
Il problema del mondo attuale è che il valore dell'uguaglianza è profondamente messo in discussione dalle politiche liberiste che, superando le tesi del keynesismo e dello stato regolatore in economia, hanno portato nell'economia globale ad una inaccettabile disuguaglianza sia a livello di produzione che di distribuzione del reddito e della ricchezza. La crisi dello Stato Sociale è il paradigma della progressiva scomparsa della politica e del concetto di "Stato" come abbiamo da sempre concepito. Sono le leggi di mercato che hanno riempito l'assenza della politica e si sono trasformate in totem intoccabili, nuove "leggi naturali" dell'umanità. Questa deriva può solo portare alla crisi della democrazia, della coesistenza pacifica, al crescente sfruttamento del lavoro, all'impoverimento di gran parte delle donne e degli uomini, alla concentrazione del potere e della ricchezza in entità astratte di natura multinazionale controllate da una oligarchia mondiale che sfugge alle regole e al diritto.
L'autore tocca diversi aspetti che sono alla base delle contraddizioni concernenti il concetto di uguaglianza: l'aggressione ai diritti del lavoro e dei lavoratori, l'attacco allo jus migrandi e la criminalizzazione dello status di immigrato, il problema della distribuzione del reddito con l'utopia concreta del reddito minimo garantito, la contrapposizione tra beni fondamentali e beni illeciti (armamenti). Per ogni tematica analizzata Ferrajoli non si limita ad una semplice analisi descrittiva ma definisce proposte concrete per superare l'attuale situazione che può portare solo a ulteriore destabilizzazione sociale ed economica, allo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, all'impoverimento progressivo di masse enormi del nostro pianeta.
Si tratta di rifondare il diritto internazionale partendo da processi ricostituenti degli ordinamenti statali e sovranazionali per arrivare ad un nuovo ordine internazionale, si tratta di restaurare le garanzie essenziali dei lavoratori nei confronti dei datori di lavoro per arrivare ad un codice internazionale del lavoro garantendo a tutti un livello di reddito di base universale e incondizionato quale garanzia del diritto al lavoro. E' necessario superare le politiche autoreferenziali di esclusione riconoscendo nel migrante un elemento costituente di un uovo ordine mondiale, è necessario ricostruire la partecipazione democratica attraverso nuove forme di partito partendo dalla difesa dei diritti sociali e dei beni fondamentali.
Serve quindi un costituzionalismo oltre gli stati o lo "Stato", che sia fondante di nuovi e condivisi principi di diritto privato e di diritto pubblico.
Alcuni hanno criticato in maniera semplicistica il saggio come una elencazione di belle speranze e di politiche utopistiche irrealizzabili. E' vero che le possibilità di arrivare in tempi brevi ad una costituzionalizzazione globale dei diritti a garanzia del principio di eguaglianza sostanziale è difficilissimo. Purtroppo serviranno evidenze storiche che costringeranno i già deboli "Stati" a prendere atto della necessità del cambiamento in atto per tornare a riconfigurare il concetto di "Stato di Diritto" come nuovo elemento per la creazione di una vera Costituzione della Globalizzazione. Ma è anche necessario cominciare a pensare il futuro e il modo di domani come mondo migliore il cui il diritto non sia il diritto del più forte o una teocrazia fondata sulle logiche del profitto.
E' un libro che consigliamo alla lettura, anche critica, anche per i nostri allievi che sono ancora, e per fortuna, portatori di suggestioni e speranze per un mondo diverso costringendo il lettore a porsi in termini costruttivi e propositivi di fronte agli enormi problemi mondiali attuali. Nel saggio di Ferrajoli non si parla se non in modo indiretto ad uno dei beni comuni per eccellenza che sono alla base dello Stato Sociale: l'istruzione, la formazione e la scuola pubblica. Non è da leggere come carenza, ma come elemento di successivo sviluppo di ricerca nell'ambito della ricostruzione del concetto di uguaglianza. La nostra scuola, come quella di troppi paesi occidentali, si sta caratterizzando come elemento strumentale del sistema valoriale governato dalla prevalenza dell'economico rispetto al politico. Studiare deve servire a qualcosa (competenze) curvando le capacità e la libertà di ricerca all'utilità misurabile con parametri ragionieristici. Così le nostre scuole sono il trionfo delle prosopopee relative all'uguaglianza formale (tutti bravi, tutti promossi, tutti competenti, tutti con il diritto al successo formativo..) per poi delegare al mercato la speranza di una uguaglianza sostanziale del tutto irrealizzabile. Una situazione inaccettabile che spinge i docenti a diventare operatori di un sistema che crea disuguaglianza senza responsabilità e gli studenti a diventare lavoratori essendo "il lavoro" l'unica liberazione ad essi offerta. Un incubo.
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