IN QUESTO NUMERO
Numero 5 - Novembre 2018
Numero 5 Novembre 2018

Esame di Stato. La maturità sospesa e privata della Storia

Breve storia di un esame importante e delle sue erosioni


30 Ottobre 2018 | di Fabrizio Reberschegg

Esame di Stato. La maturità sospesa e privata della Storia Con il decreto milleproroghe il governo Conte è intervenuto per procrastinare e modificare alcune norme relative all’Esame di Stato che dovevano entrare in vigore con l’a.s. 2018-19. Come è noto il precedente governo aveva approvato la delega (D.Lgs. 61/17) sulla valutazione e sugli esami del primo e secondo ciclo mettendo mano all’esame di Maturità (scusate se continueremo a chiamarlo così...).
 
Ricordiamo le principali novità che il governo Gentiloni, in attuazione delle deleghe previste dalla legge 107/15, ha introdotto con il D.Lgs. n.62/2017: viene abolita la terza prova; non è più necessario da parte dei candidati presentare tesine o percorsi tematici per il colloquio; è possibile l’ammissione all’esame anche in presenza di insufficienze con delibera motivata del Consiglio di Classe; è aumentata la valutazione complessiva dei crediti scolastici; si fa esplicito riferimento alle competenze in Cittadinanza e Costituzione. Il D.Lgs. 62 prevedeva inoltre due novità che sono state smontate dal decreto milleproroghe del nuovo governo: l’obbligatorietà per l’ammissione all’esame della partecipazione alle prove INVALSI nell’ultimo anno del ciclo di istruzione e la valutazione delle attività di alternanza scuola-lavoro compiute nel triennio. E’ l’ennesima modificazione dell’esame di maturità apportata da un governo. Un po’ di storia. A partire dalla struttura iperselettiva prevista dal sistema gentiliano (commissioni esterne a livello nazionale, quattro prove scritte e colloquio su tutte le materie sul programma del triennio), diversi sono stati i cambiamenti. Qui ricordiamo la Riforma Gonella nel 1952 che introduce il commissario interno e la limitazione del programma ai due anni antecedenti. Nel 1969, come risposta delle lotte studentesche, la riforma Sullo prevedrà due prove scritte e due materie per il colloquio con punteggio in sessantesimi, anche l’abolizione degli esami di riparazione che si potevano effettuare nel sistema gentiliano dopo l’esame, il commissario interno. Le nuove norme avrebbero dovuto avere una validità sperimentale di soli due anni, ma durarono quasi 30 anni.
 
Nel 1994 D’Onofrio istituisce l’esame con commissari selezionati nel comune o nella provincia per risparmiare sulle spese di trasferta. Ma la vera riforma è quella del 1997 a firma Berlinguer. L’esame da allora viene chiamato “Esame di Stato” basato sulla certificazione delle conoscenze, competenze e capacità con tre prove scritte di cui una predisposta dalla Commissione e colloquio in tutte le materie dell’ultimo anno. La commissione, da sei o otto commissari, è composta metà da interni e metà da esterni con un presidente esterno. La valutazione è espressa in centesimi (45 punti alle prove scritte, 35 al colloquio e 20 al credito scolastico).
 
Partendo dal sistema Berlinguer gli altri governi hanno effettuato semplici aggiustamenti. Nel 2001 la ministra Moratti introduce le commissioni di soli membri interni con un presidente esterno (con grande pacchia per le scuole private...), nel 2007 Fioroni reintroduce le commissioni miste, l’ammissione all’esame e porta il credito scolastico da 20 a 25 riducendo il punteggio del colloquio da 35 a 30. Nel 2010 la Gelmini inserisce la norma per la quale è necessario avere la sufficienza in tutte le discipline dell’ultimo anno per partecipare all’esame. Nel 2017 si arriva con il governo Gentiloni alla Ministra Fedeli al citato D.Lgs. 62 di riforma dell’esame.
 
Come si può notare è stato un percorso legislativo accidentato soprattutto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso. Da quel momento, ogni studente che si è iscritto alle superiori non era certo di come potesse essere l’esame finale, sperando anzi in un suo ridimensionamento o addirittura nella sua scomparsa. Negli ultimi anni la situazione si è fatta ancora più confusa. Si pensi al computo attuale della votazione finale prevista dal D.lgs. 62 con un regime di ricalcolo del credito scolastico che passa a 40 punti (20 per ciascuna delle prove scritte e 20 per il colloquio) che comporta ulteriori operazioni ragioneristiche e burocratiche da parte dei Consigli di classe. Si pensi alla scomparsa della terza prova e della “tesina” o dei “percorsi” proposti dalla studenti nel colloquio senza contare l’imbarazzante presenza-assenza dell’esposizione in lingua con metodologia CLIL prevista ancora dal governo Berlusconi nella prova di esame.
 
Il “governo del cambiamento” con il Ministro Bussetti si è limitato a operazioni di natura amministrativa con caratteristiche transitorie che possono raccogliere un facile consenso, soprattutto tra gli studenti. Non è stata modificata la legge 107/17, non è stato modificato il D.lgs 62 con un provvedimento organico di legge.
Rimane ancora nel futuro l’Alternanza Scuola Lavoro, anche se ridotta o modificata (vedremo come) e la sua “valutazione”, rimane ancora sullo sfondo il problema delle prove INVALSI. Solo per l’a.s. 2018-19 sono state disinnescate ai fini della valutazione dell’esame di Stato, ma serve una vera riforma organica, chiara e che abbia le caratteristiche di durata nel lungo periodo. Il Ministero Bussetti appare ancora troppo timido nei confronti della pesante legislazione imposta dai governi Renzi e Gentiloni. Sullo sfondo si agitano ancora i teorici liberisti che spingono per l’abolizione dell’esame di Stato sostenendo, al pari dei sistemi anglosassoni, per certificazioni finali fatte dalle singole istituzioni scolastiche. La recente proposta del M5S del divieto di inserire il requisito del voto di laurea nei bandi dei concorsi pubblici si muove di fatto in questa direzione. La fine del valore legale del titolo di studio sarebbe, a nostro avviso, la pietra tombale per la scuola della Repubblica intesa come Istituzione e non come mero servizio funzionale al mercato del lavoro. Difendere il principio di un esame nazionale di certificazione finale di specifici corsi di studio è garantire, con tutti i limiti esistenti, trasparenza, parità di trattamento e di opportunità per tutti gli studenti intesi come cittadini del nostro Paese. Purtroppo stanno avanzando in tutta Europa le tentazioni di depotenziare gli esiti e le modalità degli esami finali dei corsi di studio (anche delle lauree...). E’ noto il recente caso della Francia di Macron con il ministro Jean-Michel Blanquer che propone il superamento del baccalaureato con una prova più agile, basata su quattro prove scritte e un Grand Oral che si ispira al modello del "colloquio italien". Macron stesso ha definito il bac come "machine infernale". Semplificare, ridurre la complessità, inseguire la teoria delle competenze astratte sembrano i presupposti di un complessivo intervento dell’economia per decostruire l’istruzione pubblica favorendo altre forme di valutazione delle conoscenze, competenze, abilità (test d’accesso, INVALSI, colloqui di orientamento, ecc.) esterne e costruite in funzione di un progetto di sviluppo economico troppo spesso di breve periodo. Un panorama preoccupante che dobbiamo contrastare.


Il Ministro Bussetti sembra inseguire acriticamente le teorie promotrici della semplificazione degli esami finali. La circolare MIUR del 4 ottobre 2018 modifica alcune fondamentali strutture dell’esame. Per poter essere ammessi alle prove bisognerà aver frequentato almeno i tre quarti del monte ore previsto, avere il 6 in ciascuna disciplina, avere la sufficienza nel comportamento. Il Consiglio di classe potrà deliberare l’ammissione anche con una insufficienza in una disciplina o “gruppo di discipline” (??) valutate con un unico voto, ma dovrà motivare la propria scelta. In particolare appare grave il riordino delle tipologie relative alla prima prova scritta in cui scompare la traccia storica. Una decisione molto grave che depotenzia una disciplina su cui si fonda la trasmissione della civiltà .Viene eliminato il “saggio breve”, e questo può essere condivisibile per le modalità con le quali era stato tradizionalmente proposto. Infatti, per la prima prova, le tre tipologie (invece delle quattro attuali) saranno: tipologia A (due tracce) – analisi del testo, tipologia B (tre tracce) – analisi e produzione di un testo argomentativo, tipologia C (due tracce) – riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità. Per l’analisi del testo la novità principale riguarda il numero di tracce proposte: gli autori saranno due, anziché uno come accadeva fino ad ora. Questo per coprire ambiti cronologici, generi e forme testuali diversi. Potranno essere proposti testi letterari dall’Unità d’Italia a oggi (dimentichiamo quindi Foscolo, Leopardi e compagni...). L’analisi e produzione di un testo argomentativo (tipologia B) proporrà ai maturandi un singolo testo compiuto o un estratto da un testo più ampio, chiedendone l’interpretazione seguita da una riflessione dello studente. La tipologia C, il ‘vero e proprio’ tema, proporrà problematiche vicine all’orizzonte delle esperienze di studentesse e studenti e potrà essere accompagnata da un breve testo di appoggio che fornisca ulteriori spunti di riflessione.
 
Si tratta di una semplificazione non solo delle procedure, ma dei contenuti. Senza contare che l’aumento del peso del curriculum scolastico (40 punti su 100) che è stato già accolto positivamente dalle scuole paritarie.
 
Ci si aspettava molto di più dal “governo del cambiamento”. Per questo chiediamo al Ministro Bussetti di non limitarsi solo ad una transitoria disapplicazione nell’esame di maturità dell’obbligatorietà delle prove INVALSI e della valutazione dell’alternanza scuola-lavoro con la previsione di una facile semplificazione delle prove e delle procedure. E’ necessario ripensare e superare l’ideologia dell’alternanza imposta alle scuole a prescindere dal corso di studi, è necessario prevedere che le prove INVALSI restino solo uno dei tanti strumenti che le scuole volontariamente possono utilizzare per la verifica della didattica proposta. E’ opportuno che l’esame di maturità torni ad essere un esame serio in cui i commissari e i presidenti di commissione siano valorizzati (le indennità sono ancora parametrate al 1999..) e garantiscano coerenza tra prove d’esame ed esito dell’esame senza inseguire l’ideologia del “successo formativo” a tutti i costi.
 
Serve una grande controriforma della scuola che superi i limiti e gli errori ormai evidenti della Buona Scuola di Renzi e che restituisca alla scuola di pubblica statale autorevolezza e centralità istituzionale che le riforme degli ultimi trent’anni hanno minato.
 
 
 


Condividi questo articolo:

Numero 5 - Novembre 2018
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Stefano Battilana, Anna Maria Bardellotto, Roberto Casati, Vito Carlo Castellana, Alberto Dainese, Michela Gallina, Marco Morini, Giorgio Quaggiotto,
Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan, Mariagrazia Zambon