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Numero 1 - Gennaio 2019
Numero 1 Gennaio 2019

L’assenza di storia è oblio, anticamera della barbarie

Abolita la traccia di Storia nella prova della Maturità. Intervista alla senatrice Liliana Segre


26 Dicembre 2018 | di Ester Trevisan

L’assenza di storia è oblio, anticamera della barbarie ► In un incontro con oltre 6000 studenti a Genova lo scorso ottobre, Lei ha criticato l’abolizione della traccia di Storia alla prova di Italiano dell’esame di Maturità, affermando che “è un primo passo per dimenticare quello che è successo”. A cosa si riferiva in modo particolare?
La storia è una disciplina molto speciale perché ci insegna a non ricadere nell’errore. È un grande affresco liquido che va osservato, compreso e metabolizzato a condizione che sia “arte pubblica”, dunque disponibile. L’assenza di storia si chiama oblio, anticamera della barbarie, categoria diabolica che ha attraversato tutto il ’900. Che un Paese come il nostro pratichi la smemoratezza, francamente, mi imbarazza ma non mi sorprende.
La scelta di non fare i conti con il proprio passato produce frutti avvelenati.


► La Giornata della Memoria cade proprio in questo mese. Vi è contraddizione, secondo Lei, tra l’invito a non dimenticare e l’abolizione di questa traccia storica?
L’invito a non dimenticare è un dovere morale. La memoria è la fabbrica naturale degli anticorpi, oltre quella linea ci sono i draghi, dicevano gli Antichi. A che serve la storia? A mantenere in buono stato di salute la democrazia.


► La scuola di oggi predilige più le competenze (il “saper fare”) che le conoscenze. Quindi una disciplina che riguarda il passato sembrerebbe poco funzionale a questa impostazione. Cosa ne pensa?
A mio modesto parere i concetti di competenza e conoscenza non sono antitetici ma complementari. Per poter competere (ammesso che la scuola debba premiare le performance) occorre conoscere. È evidente che un approccio che snobbi o disdegni la cultura umanistica (che è nata nel nostro Paese) è destinato a fallire. Non ce lo possiamo permettere. Pensi che in Cina ci sono oltre 300 Università che studiano il diritto romano.
 
► Negli ultimi anni la Storia ha perso peso nelle ore curriculari. Ora il processo sembra concluso con questa abolizione della traccia. Si poteva far qualcosa prima? Ora cosa si può fare?
La notizia della cancellazione della traccia storica dalla prova scritta mi ha fatto sobbalzare. Alcune settimane fa, ho chiesto ed ottenuto che la Commissione Cultura del Senato, della quale faccio parte, promuovesse una serie di audizioni di super esperti della materia per cercare di ricostruire il percorso della decisione che, spero, sia revocabile. Ciò che è emerso, a tutta prima, è che la prova di storia viene snobbata dal 99% degli studenti. La domanda è perché?
 
► Tra le motivazioni addotte in favore dell’abolizione c’è, appunto, lo scarso interesse dimostrato dagli studenti verso la traccia storica che veniva scelta da pochi. Cosa ne pensa?
A cinquant’anni dal ’68 mi verrebbe da rispondere: Continuons le combat. I miei primi 88 sono stati densissimi, lo dico perché sono diventata Senatrice in un anno stracarico di memorie e ricorrenze: il ’68, appunto, con l’assassinio di Martin Luther King e di Bob Kennedy, la dichiarazione dei diritti universali, le leggi razziali, ma soprattutto i 70 anni della Costituzione, il patto fondativo, base della legalità repubblicana. Grazie a quel patto siamo entrati, tutti, nell’età dei diritti, compreso il diritto all’istruzione. È solo attraverso lo studio, Storia inclusa, che si diventa cittadine e cittadini.




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Liliana Segre, reduce italiana dell’Olocausto, è stata nominata senatrice a vita il 19 gennaio 2018 dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Liliana Segre, di famiglia ebraica, venne colpita nel 1938 con i suoi parenti dalle leggi razziali emanate dal regime fascista, con cui furono fortemente limitate le libertà degli ebrei italiani.
Lei e la sua famiglia vennero prima arrestati e condotti in diverse carceri lombarde, poi il 30 gennaio 1944 insieme alla famiglia fu deportata in treno da Milano verso il campo di sterminio nazista di Auschwitz, che raggiunse sette giorni dopo. Fu mandata a lavorare presso la fabbrica di munizioni Union, di proprietà della Siemens. Il padre e i nonni morirono ad Auschwitz . Quando nel gennaio 1945 l’Armata Rossa si avvicinò ad Auschwitz le truppe naziste evacuarono il campo, portando con sé una gran parte degli internati. Ebbero dunque inizio le tristemente note marce della morte, in cui i deportati venivano trasferiti da un campo all’altro spostandosi a piedi per centinaia di chilometri.
Liliana Segre fu trasferita così da Auschwitz a Ravensbruck, campo situato a 90 chilometri da Berlino. Il primo maggio, a pochi giorni dalla definitiva sconfitta nazista, Liliana Segre venne liberata. Fu una dei soli 25 italiani di età inferiore ai 14 anni deportati nei lager nazisti a sopravvivere, su un totale di 776.
Dopo la guerra, Liliana Segre si costruì una famiglia e non parlò mai pubblicamente della sua deportazione ad Auschwitz, fino agli anni Novanta. Da quel momento iniziò a intervenire pubblicamente sull’argomento, divenendo testimone anche a nome di chi, volendo dimenticare, non si è mai sentito di raccontare quella tragedia vissuta in prima persona.
 
 



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Numero 1 - Gennaio 2019
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Francesca Balsano, Roberto Casati, Alberto Dainese, Giuseppe Falsone, Michela Gallina, Marco Morini, Adriano Prosperi, Adolfo Scotto di Luzio, Liliana Segre, Fabrizio Tonello, Paola Tongiorgi, Ester Trevisan.