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Numero 1 - Gennaio 2019
Numero 1 Gennaio 2019

Formazione e non catechizzazione

Quello che ci serve, se proprio, è l’aggiornamento disciplinare, soprattutto in certe materie soggette a rapida obsolescenza dei contenuti (Informatica, Diritto, Economia Aziendale...), e un pochino d’aggiornamento metodologico, su base strettamente volontaria. Al nostro ruolo e al senso primo e ultimo della scuola e al tipo di apprendimento che vogliamo per i nostri allievi ci pensi ognuno da sé (magari con un buon libro e del tempo libero per riflettere, se ce ne lasciano!)


26 Dicembre 2018 | di Alberto Dainese

Formazione  e non catechizzazione Non sono, in linea di principio, contro la formazione, ma non vorrei formatori che...  
... per lezione intendono la lettura ad verbum d’infinite diapositive approntate da loro o da chi per loro;
... per laboratorio – pardon: workshop – intendono giochi di ruolo, lavoretti di gruppo, sedute di psicanalisi, life o career coaching, e via elencando;
... incorrono in solecismi d’ortografia, pronuncia o sintassi, in italiano o inglese o altra lingua che sia (non parlo di banali lapsus, ma di svarioni inveterati);
... masticano gomma americana e bevono da bottigliette di minerale con disinvoltura davanti all’uditorio senza chiedere venia, com’è ormai l’uso invalso, con piglio aziendalistico-americaneggiante (e grazie a Dio se ancora ci risparmiano i piedi sopra il tavolo);
... ignari o inconsapevoli (voglio sperare che non ci sia dolo) che il tempo è quanto di più prezioso abbiamo, dicono e fanno in sei ore quanto si potrebbe dire e fare in una (viene in mente il monito senecano Ita fac, mi Lucili: vindica te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat collige et serva);
... partono dal presupposto che la platea sia intellettivamente loro inferiore;
... muovono dall’assunto di essere depositari, e di doversi fare latori e dispensieri, di Verità assolute e rivelate;
... non hanno mai riflettuto sulla differenza che intercorre tra innovazione e progresso, schiavi del luogo comune secondo cui tutto ciò che è nuovo è eo ipso un progresso;
... si ritengono docenti di serie A incaricati – quasi White Man’s Burden – di forgiare una massa riottosa e retrograda di canaglia di serie B;
... prèdicano l’uso delle nuove tecnologie e di forme non frontali e tradizionali di didassi, ma poi proprio negli aspetti più retrivi di queste puntualmente ricadono;
... estendono a medie e superiori atteggiamenti e operazioni propri delle elementari, come se i livelli di astrazione e maturità fossero analoghi in tutte le età scolari;
... hanno una concezione riduzionistica del sapere, vuoi di tipo utilitaristico (s’impara solo quel che serve) vuoi di tipo edonistico (s’impara solo quel che piace), ambedue perniciose a un serio ed equilibrato percorso di apprendimento e maturazione dell’io;
... alle obiezioni, anche scevre di malizia, e alle domande scomode oppongono dogmi e irrigidimenti: “le competenze...”, “ce lo chiede l’Europa...”, “i ragazzi oggi son così...”, etc.;
... sono lì dove sono perché unti di qualche speciale “benedizione”;
... provengono dall’accademia, o persino dal mondo delle professioni, e non hanno esperienza alcuna di scuola (almeno nei dieci anni precedenti: ben sappiamo che le cose evolvono, anzi degenerano, con estrema rapidità), il che non toglie che siano benvenuti e auspicabili gl’incontri con esperti delle varie discipline: sopra mi riferivo alla formazione di taglio pedagogico-metodologico, l’unica che passa il convento in questi anni;
... son persuasi che la scuola sia il luogo ove si sviluppano mere abilità procedurali, senza che i contenuti abbiano rilievo alcuno, al punto da esser interscambiabili o persino pleonastici (con queste mie umanissime e – speriamo – fallibili orecchie ho udito una volta un dirigente pronunciare queste esatte parole: “O Fenici o Romani poco importa [sic!], sono solo occasioni per sviluppare competenze”);
... son diventati formatori dopo un trascorso di studenti mediocri o fallimentari, recando seco tutto il fardello di ripicca, rivalsa, ritorsione che sovente ne discende (viene in mente la boria di tanti personaggi che in televisione e sui giornali millantano il loro successo conquistato a dispetto degl’insuccessi scolastici, dando a intendere che la colpa è sempre dei professori, inetti a riconoscere il genio);
... sono animati dall’idea che la scuola non sia la quotidianità della pratica disciplinare, ma la straordinarietà del progetto o dell’esperienza para- o extra-curricolare;
... difettano di solida preparazione culturale di base (quella scolastica: dalle tavole pitagoriche all’uso degli accenti, dai lineamenti di storia e geografia alle proporzioni, dal cimento coi grandi della letteratura alla struttura di base dell’atomo) o, in mancanza di questa, della virtù redentrice dell’umiltà;
... intendono la formazione come parte di un processo direi quasi d’ingegneristica delle coscienze, d’indottrinamento al Vero, di lavoro sulle “credenze” ingenue dei docenti non formati, di forgiatura “in serie” del docente ideale secondo linee-guida ideologicamente confezionate e conformisticamente imposte;
... si servono dei nostri istituti, in un’ottica predatoria, per condurre sperimentazioni o rilevazioni sulla pelle degli studenti onde carpire dati da pubblicare e, in ultima analisi, per avanzare di carriera o infarcire il proprio curriculum;
... sono dimentichi – anche qui, ci si auspica senza dolo – di quella meravigliosa, salvifica locuzione “e libero ne è l’insegnamento”.
 
Se poi, una volta applicato questo crivello d’Eratostene alle vaste schiere di prezzolati esperti, ci troveremo senza neppure un solo formatore sulla piazza, sapremo farcene una ragione. Smettiamola di far sciupinio di risorse con corsi in ingresso e in itinere di dubbia utilità e qualità mediocre. Quello che ci serve, se proprio, è l’aggiornamento disciplinare, soprattutto in certe materie soggette a rapida obsolescenza dei contenuti (Informatica, Diritto, Economia Aziendale...), e un pochino d’aggiornamento metodologico, su base strettamente volontaria. Al nostro ruolo e al senso primo e ultimo della scuola e al tipo di apprendimento che vogliamo per i nostri allievi ci pensi ognuno da sé (magari con un buon libro e del tempo libero per riflettere, se ce ne lasciano!), oppure con altri in seno agli organi collegiali e alle associazioni professionali. Non lasciamo che a catechizzarci siano i cosiddetti o sedicenti formatori o esperti, segnatamente se sono come quelli tratteggiati nel quadro dissacrante e distopico – ma non troppo lontano dal vero, in base all’esperienza di chi scrive – di cui sopra.
 
 


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Numero 1 - Gennaio 2019
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Francesca Balsano, Roberto Casati, Alberto Dainese, Giuseppe Falsone, Michela Gallina, Marco Morini, Adriano Prosperi, Adolfo Scotto di Luzio, Liliana Segre, Fabrizio Tonello, Paola Tongiorgi, Ester Trevisan.