24 Febbraio 2019 | di Rosario Cutrupia
Il Governo, con il decreto legge28 gennaio 2019, n. 4, ha introdotto nuove norme in tema di previdenza e pensioni che, ovviamente, riguardano anche il personale della Scuola.
Il personale scolastico interessato, che prima delle modifiche normative non possedeva i requisiti, può accedere al pensionamento dal 1° settembre 2019 a seguito della nuova circolare del MIUR contenente le istruzioni operative per la presentazione entro il 28/2/2019 della domanda di cessazione dal servizio.
Per il personale della Scuola la decorrenza del diritto di accesso al trattamento pensionistico viene confermata al 1° settembre (al 1° novembre per il personale dell’AFAM) dello stesso anno in cui vengono raggiunti i requisiti anagrafici e contributivi. Non si applicano pertanto le finestre temporali previste invece per gli altri dipendenti pubblici.
Le norme emanate con questo decreto non modificano nella sostanza la riforma Fornero, ma introducono forme di flessibilità, sollecitate da tempo da più parti, per l’uscita dal lavoro e l’accesso alla pensione; senza comunque ulteriori penalizzazioni o riduzioni dell’assegno previdenziale maturato, fatto salvo il pensionamento con l’opzione donna per il quale la penalizzazione rimane.
La novità più importante è costituita dal nuovo tipo di pensione: la cosiddetta “pensione quota 100”, che illustriamo brevemente insieme agli altri interventi sulla previdenza.
LA PENSIONE ANTICIPATA E DI VECCHIAIA
Per la pensione di vecchiaia, al requisito anagrafico è confermato l’aumento di 5 mesi rispetto al 2018 per l’adeguamento alla speranza di vita; l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia resta fissata a 67 anni.
Per la pensione anticipata introdotta dalla riforma Fornero, dall’1/1/2019 e fino al 31/12/2026, al requisito contributivo non viene applicato l’adeguamento alla speranza di vita. Nel suddetto periodo, pertanto l’anzianità contributiva richiesta resta quella del 2018: 41 anni e 10 mesi per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
LA PENSIONE QUOTA 100
In via sperimentale per il triennio 2019-2021 viene introdotta, come abbiamo accennato prima, la nuova forma di pensionamento definita “pensione quota 100”.
Possono anticipare il pensionamento i lavoratori dipendenti che abbiano compiuto 62 anni di età e abbiano versato almeno 38 anni di contributi. Per il personale della scuola i requisiti vanno conseguiti entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento; sono requisiti minimi e non alternativi: se, per esempio, un lavoratore avesse 40 anni di contributi e 61 di età non potrebbe accedere all’anticipo anche se la somma risultante è maggiore di 100.
Per questo tipo di pensione l’età non viene adeguata agli incrementi alla speranza di vita.
Per raggiungere la quota 100 è possibile cumulare periodi contributivi non coincidenti presenti in due o più gestioni previdenziali dell’INPS.
La “pensione quota 100” non è cumulabile con redditi di lavoro dipendente o autonomo, ma soltanto con redditi di lavoro occasionale per un massimo complessivo di 5.000 euro lordi annui. Tale divieto cessa al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia.
IL SISTEMA DI CALCOLO MISTO
Coloro che sono interessati ad anticipare il pensionamento devono valutare attentamente quale sarà il trattamento economico che maturano rispetto a quello che maturerebbero all’età di vecchiaia, considerando che la quota maggiore della loro pensione sarà calcolata secondo le regole del sistema misto (retributivo più contributivo).
Questo sistema di calcolo, introdotto gradualmente a partire dal 1996, sarà applicato alla pensione di tutti coloro che al 31/12/2018 possiedono meno di 41 anni di contributi e non raggiungono almeno 18 anni di contribuzione al 31/12/1995. Pertanto, per i periodi contributivi posseduti fino al 1995 viene applicato il calcolo retributivo, per i periodi successivi il calcolo contributivo. Quest’ultimo, come si sa, risulta meno vantaggioso del retributivo poiché il fattore età, assente nel sistema retributivo, a parità degli altri fattori è determinante: la perdita è maggiore in corrispondenza di età di pensionamento più giovane.
Il seguente confronto serve a comprendere meglio in che misura l’età influenzi l’assegno pensionistico di due docenti di scuola media che, entrambi, hanno versato 38 anni di contributi e si trovano nella classe stipendiale 28 dal 2015:
Dal confronto si osserva che la sola differenza di 5 anni di età determina un assegno maggiore di 90 euro circa.
IL CALCOLO DELLA PENSIONE
L’assegno di chi aderirà alla pensione quota 100 non subirà riduzioni o penalizzazioni rispetto al calcolo previste per la pensione di vecchiaia; chi cessa dal servizio percepisce quanto maturato fino a quel momento, l’assegno sarà comunque inferiore rispetto a quello che maturerebbe all’età della pensione di vecchiaia. Cosa alquanto ovvia. Infatti, anticipando il pensionamento oltre a non versare più contributi previdenziali il pensionato ha un’età più giovane e percepisce l’assegno per un tempo più lungo.
Da simulazioni fatte per il personale della scuola risulta che con un anticipo di cinque anni l’assegno sarà minore del 23-25 per cento rispetto alla pensione che si maturerebbe all’età di vecchiaia (67 anni).
Considerando l’ipotesi di un docente di scuola media (62 anni di età e 38 anni di contributi, classe stipendiale 28 dal 2015) che attualmente percepisce uno stipendio di 1.949 euro netti al mese, l’assegno sarebbe di 1.610-1.630 euro; se lo stesso rimanesse in servizio altri cinque anni, non considerando ulteriori aumenti stipendiali ma solo lo scatto alla classe 35, la pensione sarebbe di 1.960-2.010 euro a fronte di uno stipendio di 2.018 euro netti al mese.
L’OPZIONE DONNA
Per il personale femminile viene prorogata, per il solo 2019, la possibilità della pensione anticipata definita “opzione donna”.
Con questa opzione, possono andare in pensione dal 1°/9/2019 le lavoratrici dipendenti che hanno compiuto 58 anni di età e raggiunto almeno 35 anni di contributi entrambi i requisiti alla data del 31/12/2018. Anche in questo caso non viene applicato l’aumento per l’adeguamento alla speranza di vita; inoltre, i 35 anni di contributi richiesti devono essere presenti nell’ultima gestione previdenziale (per il personale della Scuola, l’INPS Gestione Dipendenti Pubblici) poiché, ai fini del requisito contributivo, non è ammesso il cumulo.
La decisione di accedere a questo tipo di pensione deve essere valutata con molta attenzione, perché il calcolo interamente contributivo genera una notevole riduzione dell’assegno pensionistico (tra il 20 e il 30 per cento); la penalizzazione è minore all’aumentare dell'età e in presenza di una più lenta crescita degli stipendi durante l’intera vita lavorativa.
Nel caso in cui l’opzione donna venga prorogata anche nel 2020, i requisiti per l’accesso al pensionamento con decorrenza 1/9/2020 saranno: 58 anni di età e almeno 35 anni di contributi alla data del 31/12/2019.
LA PENSIONE AI LAVORATORI PRECOCI
La pensione anticipata è destinata anche ai lavoratori precoci con 41 anni di contributi.
I lavoratori precoci sono quelli che prima del compimento dei 19 anni hanno lavorato e versato i contributi per almeno 12 mesi, anche non continuativi. Questi lavoratori possono andare in pensione con 41 anni di contributi e senza limiti di età. In questo caso, fino al 31/12/2026, non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita.
Non basta essere soltanto lavoratori precoci ed aver iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età per accedere alla pensione con una contribuzione di 41 anni; ma è anche necessario che si trovino in una delle seguenti condizioni di disagio:
- assistere, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;
- avere una capacità lavorativa ridotta, accertata come invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;
- svolgere da almeno sei anni all’interno degli ultimi sette attività lavorative usuranti e gravose; tra queste attività è compreso l’insegnamento nelle scuole dell’infanzia.
Come è facile immaginare i lavoratori della Scuola che possono vantare tali condizioni sono un numero molto limitato.
L’APE SOCIALE
Viene prorogata a tutto il 2019 anche l’APE sociale: l’indennità che può ottenere solo chi ha almeno 63 anni di età.
Questo anticipo del pensionamento interessa coloro che:
- si trovano in condizioni di disagio (assistono un familiare in condizione di grave invalidità oppure hanno un’invalidità civile almeno del 74 per cento) e possiedono un minimo di 30 anni di contributi;
- svolgono un’attività usurante o gravosa (tra le 15 categorie previste sono compresi gli insegnanti di scuola dell’infanzia) e possiedono 36 anni di anzianità contributiva.
Per le lavoratrici madri, il requisito contributivo potrà essere abbassato di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni.
L’indennità sostitutiva della pensione, fino ad un massimo di 1.500 euro mensili lordi, viene corrisposta fino al compimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia, quando sarà conferita l’intera pensione maturata all’atto della cessazione.
Coloro ai quali l’INPS riconosce il diritto di accesso all’APE sociale possono presentare in formato cartaceo alla scuola di riferimento la domanda di cessazione dal servizio con decorrenza 1°/9/2019.
Nella domanda di cessazione l’interessato dichiarerà di essere in possesso dei requisiti previsti per l’APE sociale comprovati dalla certificazione rilasciata dall’INPS.
Qualora l’INPS certifichi il diritto di accesso successivamente al 1°/9/2019, la cessazione dal servizio potrà decorrere soltanto dal 1°/9/2020.
I TERMINI DI PAGAMENTO DELLA BUONUSCITA (TFS-TFR)
Il pagamento dell’indennità di buonuscita (TFS o TFR) viene congelato fino a quando non saranno raggiunti i requisiti previsti dalla riforma Fornero. Pertanto, i termini per il pagamento decorrono dal compimento dell’età della pensione di vecchiaia, ovvero quando il pensionato avrà compiuto 67 anni (al netto dei futuri aumenti della speranza di vita).
I pensionati pubblici, non solo quelli con quota 100, potranno chiedere subito un anticipo bancario fino a 30.000 euro, beneficiando di un credito d’imposta per gli interessi pagati.
Nei casi di cessazione anteriore al 1°/1/2019 e a decorrere da tale data, l’aliquota IRPEF sull’indennità di buonuscita viene ridotta dell’1,5%, per le indennità corrisposte decorsi 12 mesi dalla cessazione, del 3,0% per quelle corrisposte decorsi 24 mesi.
RISCATTI DI “BUCHI CONTRIBUTIVI” E DELLA LAUREA
Nel triennio 2019-2021 sarà possibile riscattare periodi anche non continuativi non coperti da contributi, compreso il periodo di laurea, per un massimo di 5 anni. Il riscatto è possibile solo per quanti non possiedono periodi contributivi prima del 1°/1/1996.
L’onere di riscatto, calcolato sul minimo retributivo annuale fissato dall’INPS, sarà pagato in unica soluzione ovvero fino a un massimo di 60 rate mensili senza applicazione di interessi per rateizzazione.
Chi, al momento della domanda di riscatto, non compiuto 45 anni di età potrà detrarre, per i soli periodi di laurea, dall’imposta lorda (IRPEF) il 50% del costo del riscatto in cinque quote annuali a partire dall’anno di pagamento.
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