Memoria storica di quando gli immigrati da alfabetizzare in terra straniera eravamo noi
24 Febbraio 2019 | di Massimo Quintiliani
L’Italia oggi è terra d’immigrazione e sempre più numerose sono presenti nel nostro Paese famiglie di lingua madre non italiana. La scuola si ritrova così a contemplare, tra i propri obiettivi, la facilitazione della comprensione da parte degli alunni provenienti dalle più diverse latitudini del mondo, nonché la partecipazione delle loro famiglie alla vita scolastica. Un tempo vi è stato però, nemmeno tanti anni fa, dove nelle scuole di Bruxelles e Parigi, Buenos Aires o New York e a Sydney, l’alunno straniero seduto al banco, tra gli altri compagni del luogo, era italiano. Sebbene l’origine delle scuole che compongono l’attuale rete scolastica italiana all’estero sia varia, una buona parte di esse possiede radici riconducibili al fenomeno dell’emigrazione dall’Italia che, nel passato, assunse proporzioni bibliche. Nell’arco di poco più di un secolo, considerando il periodo intercorso tra il 1876 e il 1988, si calcola che una media totale di 13 milioni di italiani abbia lasciato il nostro Paese per stabilirsi definitivamente all’estero. Le prime scuole italiane fuori dai confini nazionali sorsero immediatamente dopo l’Unità d’Italia, concentrandosi nell’area mediterranea e in America del Sud. La loro istituzione avvenne per tramite di associazioni italiane, di Missioni cattoliche, su iniziative di movimenti massonici o su impulso di Società di Mutuo Soccorso create dagli emigranti italiani. In tutte queste combinazioni si trattò di creazioni estranee all’iniziativa statale che subentrò in modo sistematico solo molti anni dopo. Il primo atto ufficiale del governo italiano relativo a una scuola fuori d’Italia fu il documento con il quale il 25 settembre del 1862 si autorizzava l’istituzione del “Collegio Italiano” di Alessandria d’Egitto. Inizialmente le scuole italiane all’estero erano gestite dal Ministero dell’Istruzione. Dopo il 1870 però la loro gestione passò al Ministero degli Esteri, mentre il Ministero dell’Istruzione provvedeva ad inviare un funzionario che si occupasse dell’amministrazione e della didattica. La prima legge organica che regolava queste scuole risale al 1889, esecutivo Crispi, emanata solo un anno dopo quella sull’emigrazione (L. 5866 del 30/12/1888). Tale concomitanza temporale evidenzia l’ambito di un progetto governativo d’appropriazione della Scuola all’Estero in funzione del fenomeno migratorio: più che un servizio offerto agli emigrati, diveniva uno strumento d’influenza culturale e politica; un mezzo di penetrazione commerciale; uno strumento privilegiato per il raggiungimento dell'obiettivo dichiarato di mantenere il vincolo tra gli italiani emigrati e la madrepatria. In particolare nel testo della legge Crispi si menzionavano due tipi di scuole: quelle “sovvenzionate” e quelle “governative”. Questa doppia tipologia – che si può assimilare all’attuale suddivisione in scuole paritarie e statali – distingueva tra istituti privati, che dal governo ricevevano solamente una sovvenzione in cambio del loro adeguamento ai parametri richiesti, e istituti totalmente finanziati, esattamente come quelli che si trovavano nel territorio nazionale.
Dagli Annuari delle scuole coloniali al tempo pubblicati dal Ministero degli Affari Esteri, si evidenziava come la distribuzione geografica dei due tipi di scuole non fosse uniforme; quelle ubicate nei Paesi del Mediterraneo per lo più erano governative, mentre le altre erano sovvenzionate (è questo il caso delle numerose scuole dell’America Latina, nate per iniziativa delle associazioni italiane). Le scuole italiane nel mondo, di conseguenza, aumentarono numericamente, così i fondi destinati a finanziarle. Seguirono leggi, come quella Rudinì, sulla chiusura o la cessione ad enti privati di varie scuole governative all’estero; la legge de Blanc del 1894, che continuò la politica della riduzione dell’impegno statale nei confronti di queste istituzioni. Con la legge n.867 del 1910, sulla riorganizzazione della struttura della rete scolastica italiana all’estero, venne sostenuta la lotta all’analfabetismo sul territorio nazionale e tra gli emigranti. Nel periodo fascista venne a consolidarsi una posizione ostile verso l’emigrazione, in quanto si riteneva che la potenza di una nazione risiedesse anche nel numero dei suoi cittadini. Durante questo periodo gli interventi furono tesi a rendere conformi alle direttive e al pensiero del Partito Nazionale Fascista le scuole ubicate fuori dai confini italiani, mirando soprattutto alla cancellazione degli organi democratici che le governavano. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale provocò la chiusura di varie scuole ed a guerra conclusa, l’Italia assistette alla partenza di una seconda ondata di emigranti che determinò il sorgere di nuove scuole italiane nei Paesi d’arrivo. Oggi il quadro nazionale ed internazionale, profondamente mutato, ha portato lo Stato Italiano alla ridefinizione degli obiettivi assegnati alla nostra rete scolastica nel mondo. Il Ministero degli Affari Esteri ribadisce non solo “il mantenimento dell’identità culturale dei figli dei connazionali e dei cittadini di origine italiana, nonché di seconda e terza generazione”, ma anche “la promozione e diffusione della lingua e cultura italiana negli ambienti stranieri”.
L’importante settore del quale oggi le Istituzioni scolastiche italiane all’estero dovrebbero essere considerate parte inscindibile è, dunque, quello della politica culturale internazionale; esse rappresentano uno strumento di diffusione di idee, progetti, iniziative - in raccordo con Ambasciate e Consolati - con le priorità della politica estera italiana. La rete delle scuole italiane all’estero (infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado) comprende:
- istituti statali omnicomprensivi con sede ad Addis Abeba, Asmara, Atene, Barcellona, Istanbul, Madrid, Parigi e Zurigo;
- scuole italiane paritarie, la maggior parte delle quali è costituita da istituti omnicomprensivi, presenti in tutte le aree geografiche nel mondo: Europa, Africa-subsahariana, Mediterraneo e Medio Oriente, Americhe, Asia e Oceania;
- sezioni italiane presso scuole europee: a Bruxelles e Lussemburgo, Francoforte, Monaco di Baviera, Varese;
- sezioni italiane presso scuole straniere, internazionali o bilingue, in Unione Europea, in Paesi non UE, nelle Americhe , in Asia e Oceania;
- scuole non paritarie con sedi a Smirne e Basilea.
A tale rete si affiancano le iniziative per la lingua e la cultura italiana all’estero, ex art. 10 del D. Lgs. 64/2017, e i lettorati d’italiano presso le Università straniere. Il contingente scolastico del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) prevede posti di personale docente (nelle scuole statali, nelle scuole paritarie, nelle sezioni italiane presso scuole straniere, bilingue o internazionali, sui corsi e sui lettorati), posti di dirigente scolastico (nelle scuole statali e presso le Ambasciate e i Consolati) e posti di personale amministrativo (su scuole statali e sui corsi). Nel contingente delle Scuole europee figurano, inoltre, unità di personale docente italiano. Circa 30.000 alunni frequentano queste scuole e la presenza di studenti stranieri è molto elevata. In conclusione, sebbene attualmente gran parte degli alunni che all'estero frequentano le scuole italiane siano ormai di lontana origine italiana, o in molti casi totalmente stranieri – riconoscimento, questo, del prestigio di cui godono i nostri Istituti – resta come dato storico il forte legame di molte di queste istituzioni con le vicende dei connazionali che, nell’arco degli ultimi 150 anni, hanno lasciato il nostro Paese. L’azione della Scuola nella direzione dell’integrazione diviene, pertanto, fondamentale per l’equilibrio della nuova società multietnica, vista come prospettiva di ricchezza per l’Italia di domani.
Sitografia: https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/cultura/scuoleitalianeallestero/
Condividi questo articolo: