24 Febbraio 2019 | di Redazione
Egregio Signor Ministro,
sono un dipendente del Ministero da Lei diretto; più precisamente, insegno discipline giuridiche ed economiche presso l’I.I.S. “Gian Domenico Romagnosi” di Piacenza, la mia città.
Dopo 34 anni di insegnamento, il primo settembre prossimo andrò in pensione, ma volevo indirizzarLe una richiesta (forse sarebbe meglio dire una preghiera) prima di lasciare definitivamente la scuola.
Durante tutta la mia carriera di insegnante ho assistito al progressivo svuotamento di contenuti dell’istituzione scolastica.
Voglio dire che, soprattutto partecipando come membro esterno agli esami di stato, mi sono accorto con preoccupazione che gli studenti, anno dopo anno, sapevano sempre meno; negli ultimi 5/6 anni, ho fatto un’altra, spiacevole scoperta: gli studenti sono terrorizzati dall’esame (che, alla fine, è anche molto banale); quanti mi hanno detto, prima dell’orale:” Prof , stanotte ho preso le pastiglie per dormire e , ciò nonostante, non sono riuscito a chiudere occhio!”.
Questo non succedeva, né quando ero studente io, né nei primi venti/venticinque anni della mia carriera di insegnante.
La convinzione che ho maturato è che la scuola cerca di rimuovere dal percorso degli studenti ogni ostacolo e quando i giovani, inevitabilmente, ne incontrano uno (l’esame di stato, ad esempio) vanno in mille pezzi.
Mi permetto di scrivere a Lei perché è Lei il primo, nella teoria trentennale dei Ministri della Pubblica Istruzione, ad avere introdotto dei correttivi, nel senso di rendere più serio ed efficace l’impegno scolastico. Mi riferisco alla riduzione dell’alternanza scuola / lavoro (che toglieva spazio al normale – e serio – svolgimento dei programmi). Resta da fare un’ultima, importante riforma: sopprimere il voto di consiglio, che consente alla maggioranza (conformista e, quindi, buonista) degli insegnanti della classe di modificare il voto dato in una determinata materia; ciò, quasi sempre, con l’ausilio determinante del Dirigente Scolastico, che ha un’unica preoccupazione: evitare seccature da parte dei genitori dello studente rimandato o bocciato. Senza il voto di consiglio la realtà dei risultati scolastici dell’alunno non verrebbe più falsata e quindi andrebbero avanti solo quelli che effettivamente se lo meritano. Chi sono, io, per dire se lo studente ha appreso oppure no i contenuti minimi del programma di matematica? E come fa, l’insegnante di matematica, a sapere se lo studente ha imparato oppure no i concetti fondamentali del diritto o dell’economia politica ? La soppressione del voto di consiglio è qualcosa che si può fare domani stesso, nel senso che non stravolge le linee fondamentali dell’impianto scolastico (basato sulla famigerata didattica per competenze) ma modifica istantaneamente i risultati dell’attività scolastica, ridando serietà alla scuola e dignità agli insegnanti.
Chi, meglio di Lei (quale ex insegnante) può comprendere ciò che sto dicendo?
Con stima e rispetto.
Prof. Francesco Mozzoni
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