Agire oggi per prevenire catastrofi future significherebbe incidere pesantemente sulle abitudini quotidiane, scontrarsi con enormi interessi economici, probabilmente introdurre nuove tasse. Tutte azioni che certamente non garantirebbero un ritorno elettorale nell’immediato
15 Aprile 2019 | di Marco Morini
“Avete creato un mondo dove contano solo la socialità, l’aspetto esteriore e il denaro, possiamo studiare quanto vogliamo, ma purtroppo conta poco. Perché gli scienziati li ascolta qualcuno?” (Greta Thunberg).
“Protestiamo come gli adulti, perché i leader adulti si comportano come bambini”. Forse é questo lo slogan più efficace tra quelli scanditi durante la giornata mondiale di protesta del 15 marzo scorso. Quel giorno, milioni di giovanissimi (e non solo) sono scesi in piazza in oltre 500 città del mondo per protestare contro l’immobilismo politico sul tema del cambiamento climatico. Il volto e il simbolo della mobilitazione è ormai diventata Greta Thunberg, sedicenne svedese che ha dato avvio alla protesta sin da quando, il 20 agosto2018, hacominciato a sedersi davanti al Parlamento di Stoccolma brandendo un cartello di protesta. E’ l’estate in cui la Svezia viene colpita da una serie di incendi boschivi mai verificatisi prima, tanto che il Paese scopre di non essere attrezzato a sufficienza per contrastare il fuoco e si trova perfino a dover chiedere in prestito aerei Canadair a Italia e Francia.
Tutti i venerdì Greta si assenta da scuola, con il consenso dei genitori, e si reca davanti al Parlamento per la sua pacifica manifestazione di protesta. E in un Paese come la Svezia, con welfare generoso, dall’alta cultura civica e dall’elevato senso per l’ambiente, la protesta di Greta attira l’attenzione mediatica, trova sostenitori e, a poco a poco, varca i confini nazionali. Dalla grande manifestazione in poi, la figura di Greta Thunberg ha iniziato ad attrarre l’attenzione anche di numerosi ‘odiatori’ e bastian contrari, con critiche che vanno dall’aspetto fisico alle prese in giro per la vita di privazioni che farebbe. Commenti che naturalmente mostrano un totale spregio per il tema del cambiamento climatico. Di nuovo, adulti che si comportano da bambini e bambini che si comportano da adulti. Greta non è, ovviamente, una sedicenne “qualsiasi” e dà ai giornalisti risposte taglienti e profonde, soprattutto a chi la critica per le assenze da scuola: “Avete creato un mondo dove contano solo la socialità, l’aspetto esteriore e il denaro, possiamo studiare quanto vogliamo, ma purtroppo conta poco. Perchè gli scienziati li ascolta qualcuno?”, “voi parlate di futuro, ma neanche riuscite a immaginare come sarà il mondo dopo il2050”.
La piccola Thunberg passa i pomeriggi a documentarsi sul cambiamento climatico, si confronta con scienziati e attivisti di tutto il mondo. Parla un perfetto inglese e ha oltre 300mila followers su Twitter. Mangia poco, é vegana e si muove solo in treno. Essendo minorenne non potrebbe viaggiare all’estero da sola, per cui c’é sempre il padre ad accompagnarla. Ed è stata Greta a indottrinare i genitori, non il contrario. Il padre ha venduto l’auto, installato pannelli solari, cominciato a coltivare un orto biologico nel centro di Stoccolma e ha dovuto abbandonare il lavoro di attore per poter seguire la figlia e permettere alla moglie di continuare la sua importante carriera di cantante lirica.
La protesta individuale di Greta ha ispirato un movimento che ora è presente in oltre 50 Paesi e una piattaforma online che serve a informare e mobilitare (FridaysForFuture.org). D’altronde, in molte nazioni, per le persone sotto i 18 anni l’unico diritto democratico garantito è quello della dimostrazione. Non possono votare, non hanno rappresentanza ed è forse evidente come la rappresentanza scelta dagli adulti sia spesso sorda al tema dell’ambiente. E tutto questo nonostante gli studi sugli effetti del surriscaldamento globale siano noti da decenni. Ricerche scientifiche accurate sono disponibili dalla prima metà anni ’60 e almeno tre generazioni di scienziati hanno raggiunto una quasi unanimità di opinioni sul tema. Addirittura, “On the Influence of Carbonic Acid in the Air upon the Temperature of the Ground”, libro scritto dal Svante Arrhenius (ricercatore svedese premio Nobel per la chimica) è del 1896.
Una protesta giovanile così ampia, su un tema potenzialmente devastante come quello del cambiamento climatico, pone infine anche un importante tema di etica pubblica: già nel 1789 Thomas Jefferson si confrontava con James Madison sulla “questione secondo la quale una generazione di uomini possa [o meno] avere il diritto di vincolarne un’altra”. Un interrogativo cruciale, dalla risposta evidente, ma che permette di distinguere tra politici preoccupati solo dell’oggi e del consenso immediato e i veri statisti, cioè coloro con una visione di più lungo periodo. Inazione sul riscaldamento globale significa per esempio accontentare i produttori di combustibili fossili e mantenere lo status quo. Agire oggi per prevenire catastrofi future significherebbe incidere pesantemente sulle abitudini quotidiane, scontrarsi con enormi interessi economici, probabilmente introdurre nuove tasse. Tutte azioni che certamente non garantirebbero un ritorno elettorale nell’immediato.
Senza dimenticare poi che, purtroppo, gli effetti del cambiamento climatico non sono soltanto un tema del futuro, ma dell’ immediato oggi: eventi naturali sempre più estremi, anni sempre più caldi, precipitazioni concentrate in pochissimi giorni dell’anno.
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