Il ruolo degli insegnanti dovrebbe essere più complesso ma non si può pretendere che lo assumano senza un sostegno adeguato sul piano culturale, professionale ed economico
15 Aprile 2019 | di Ester Trevisan
► Il rapporto tra adulti e giovani è radicalmente mutato: i genitori non trasmettono più il lavoro e la scuola sembra non dover più trasmettere cultura. Che tipo di società si prospetta, secondo lei?
Sicuramente una società dominata dalla cultura del narcisismo, in cui ognuno tende a ripiegarsi su se stesso e si disinteressa della comunità sociale. In questo contesto, il figlio diventa come una sorta di capitale familiare su cui i genitori investono e verso il quale nutrono aspettative enormi. Come ci insegna Freud, l’amore genitoriale è sì fatto di abnegazione, ma ha anche una componente narcisistica, perché ai figli è richiesto di portare a compimento ciò che i genitori non sono stati in grado di realizzare. Ciò sicuramente pesa oggi nella famiglia e spiega le difficoltà che si creano tra il nucleo familiare e l’istituzione scolastica: in passato c’era continuità tra mondo familiare e scuola, oggi i genitori difendono a oltranza i loro figli, vorrebbero che primeggiassero e, se ciò non accade, la responsabilità non è da imputare alle difficoltà che incontra il ragazzo, bensì alla scuola che non lo valorizza e apprezza e agli insegnanti che vengono visti come figure negative e di intralcio.
► Nel suo libro lei fa riferimento al giovanilismo dei genitori che si fanno “adultescenti". Anche tra i docenti sembra prevalere un atteggiamento “alla pari” nei confronti degli studenti con i quali spesso si instaurano rapporti attraverso social network e chat. Cosa ne pensa?
Il mito del giovanilismo influenza sicuramente il comportamento delle persone. Io utilizzo il termine “adultescenza" per definire quelle persone che cronologicamente sono adulte ma hanno un modo di vestirsi, di parlare, valori di riferimento e comportamenti tipici dell’adolescenza. Si tratta di soggetti sempre alla ricerca della loro identità e della soddisfazione immediata dei loro desideri. Un dato che colpisce oggi riguarda l’età media delle donne al primo figlio che si aggira intorno ai 32 anni. Ciò significa che quando il figlio raggiunge l’adolescenza, i genitori sono intorno ai 50 anni, cioè un momento generalmente abbastanza critico nella vita di una persona. Si vengono, dunque, a intrecciare due crisi: quella del figlio adolescente e quella del genitore cinquantenne. Mentre in passato i genitori, nel bene e nel male, erano convinti del loro ruolo e della loro autorità, oggi molto spesso, poiché si vive in un mondo molto più fluido, gli stessi genitori hanno bisogno di conferme da parte dei figli, hanno bisogno della loro legittimazione. In una certa misura, questa dinamica si instaura anche tra docenti e alunni: la figura dell’insegnante non gode più del riconoscimento su cui poteva contare in passato e si sente solo a dover affrontare un gruppo di adolescenti. Non sentendosi sostenuti, i docenti corrono il rischio di alternare comportamenti diversi e spesso inefficaci: a volte cercano di compiacere i ragazzi, altre volte assumono comportamenti più autoritari.
► Lei fa riferimento al mito della felicità, utopia della nostra epoca. Si dice spesso che a scuola si deve stare bene. Concorda con questo slogan? La funzione della scuola è questa o quella di trasmettere cultura e preparare nuove generazioni, competenti e ben formate?
La scuola non è soltanto un luogo dove si va ad apprendere i programmi scolastici, ma è anche un luogo in cui gli adolescenti si incontrano e dove vanno alla ricerca della propria identità. Agli insegnanti si richiede un grande compito che va aldilà di quello prettamente didattico. Il modello della scuola italiana privilegia l’apprendimento scolastico a differenza, per esempio, della high school americana in cui i ragazzi non solo studiano vari ambiti disciplinari e sviluppano competenze, ma praticano anche un apprendimento sociale. Il problema è capire se la scuola oggi è in grado di aiutare gli adolescenti nel fare esperienze di interazione con i coetanei, nell’accettare l’altro, nel capire i diversi punti di vista, nell’evitare di ricorrere a meccanismi di rifiuto, di bullismo. La scuola ha anche una funzione di crescita personale e sociale.
► Docenti e studenti. Quale sarebbe, secondo lei, un rapporto salutare e proficuo?
Gli insegnanti si trovano di fronte a una trama di rapporti molto complessa e occuparsi soltanto del voto di latino e greco è totalmente parziale. Il loro ruolo dovrebbe essere più complesso ma non si può pretendere che lo assumano senza un sostegno adeguato sul piano culturale, professionale.
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Massimo Ammaniti. Professore universitario italiano, Massimo Ammaniti insegna Psicopatologia dello Sviluppo all'Università di Roma. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Manuale di psicopatologia dell'infanzia (Raffaello Cortina 2001), Pensare per due. Nella mente delle madri (Laterza 2008), Noi. Perché due sono meglio di uno (Il Mulino, 2014), La nascita dell'intersoggettività. Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia (Raffaello Cortina 2014), La famiglia adolescente (Laterza 2015), La curiosità non invecchia (Mondadori, 2017). Adolescenti senza tempo ( Raffaello Cortina Editore, 2019).
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