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Numero 5 - Novembre 2019
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I programmi sulla scuola dei candidati democratici tra charter schools e desegregazione scolastica

Un ventaglio di posizioni tra chi difende il sistema di finanziamenti alle scuole private; chi richiede di aumentare la diversità razziale dei docenti e chi vuole che i soldi pubblici restino nelle scuole pubbliche.


29 Ottobre 2019 | di Marco Morini

I programmi sulla scuola dei candidati democratici tra charter schools e  desegregazione scolastica Tra un anno esatto si voterà per le elezioni presidenziali statunitensi. Si tratta dell’evento politico più importante del 2020 e il risultato avrà, come sempre, inevitabili ricadute per il resto del mondo. Basti pensare a temi quali il cambiamento climatico, il commercio mondiale, i numerosi conflitti bellici in corso.


Da un lato un candidato già c’è: il presidente uscente Donald Trump che, salvo improbabili sviluppi relativi all’ avvio della procedura di impeachment, andrà a cercare una riconferma per altri quattro anni. Sul fronte democratico invece la partita è apertissima e la campagna elettorale per le primarie di partito è cominciata già da molti mesi, sebbene il primo Stato a esprimersi sarà l’Iowa il 3 febbraio prossimo. Al momento sono ancora addirittura venti i candidati in corsa. Un numero altissimo, che però andrà via via a scendere per mancanza di consenso, di fondi, di visibilità mediatica. E quattro sembrano i candidati che hanno speranze di conquistare la nomination.


Il favorito è l’ex vicepresidente Joe Biden, politico di lunghissimo corso, classe 1942, eletto la prima volta in Senato nel 1973. Moderato ma capace di intercettare le simpatie della classe operaia bianca, anche in virtù di uno storico rapporto coi sindacati della metalmeccanica, è considerato il più “eleggibile” e non a caso Trump lo ha già identificato come il suo rivale finale, attaccandolo con insistenza e – sembra – andando pure a cercare scandali familiari in Ucraina. Gli altri tre contendenti principali sono tutti espressione dell’ala sinistra del partito, ormai maggioritaria tra i democratici ma che potrebbe scontare diffidenze nell’intercettare voti indipendenti e centristi a novembre 2020.


La senatrice Elizabeth Warren, 70 anni portati benissimo, senatrice del Massachusetts, giurista e già avvocato paladina dei consumatori, è in netta crescita di consensi e sembra “tallonare” Biden nei sondaggi. Più indietro al momento sembrano essere Kamala Harris, 55enne senatrice della California e già prima donna a diventarne Attorney General (Procuratore Generale), origini indo-americane, eccellente nei dibattiti. Infine il “socialista” Bernie Sanders, classe 1941, già tostissimo avversario di Hillary Clinton nelle primarie 2016, ma ora ormai sorpassato a sinistra dalle due rivali al femminile. In generale, i quattro candidati concordano (con sfumature diverse) sulla lotta al cambiamento climatico, sulla necessità di impostare una tassazione più progressiva, sull’estensione delle tutele sanitarie pubbliche.


Qual è il loro programma sulla scuola? Il tema, solitamente marginale nei dibattiti elettorali, ha avuto un’inattesa centralità nei primi confronti televisivi. Le due questioni principali riguardano le charter schools e la desegregazione scolastica. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la polemica si è innescata. Harris ha contestato a Biden una sua posizione politica dei primi anni ’70, quando l’allora giovane senatore del Delaware si oppose al cosiddetto busing, cioè a quel sistema di trasporto pubblico e gratuito che permetteva ai figli di famiglie afro-americane di essere portati fuori dai loro distretti scolastici per frequentare istituti che fossero “misti” e non a frequenza quasi esclusiva nera.


Sulla specifica contestazione Biden si è un po’ arrampicato sugli specchi, sostenendo che ora ha cambiato idea. Ma è di nuovo finito nel mirino degli avversari di partito perché l’amministrazione Obama, di cui ha fatto parte per otto anni, ha elargito cospicui finanziamenti alle charter schools. Che sono delle scuole private, soprattutto primarie o secondarie, che godono di un particolare statuto di autonomia, legato a un sistema di finanziamento misto al quale contribuiscono fondi pubblici e privati. Esse, infatti, oltre a donazioni private ricevono finanziamenti pubblici (inferiori rispetto a quelli delle scuole pubbliche) in cambio di un assoggettamento a un minor numero di regole e vincoli statutari.


A parte Biden, che pubblicamente ha sempre difeso le scelte fatte negli otto anni di vicepresidenza, gli altri candidati sono fermi oppositori delle scuole private e del sistema misto pubblico-privato. Bernie Sanders, anche se sembra prediligere parlare di università e ricerca e punta molto sulla sua proposta di rendere le università gratuite per tutti e di abbattere il mostruoso debito studentesco dei laureati americani, ha comunque più volte definito gli insegnanti “la coscienza d’America”. Propone il blocco dei finanziamenti pubblici alle charter schools, una moratoria di cinque anni sulle chiusure di biblioteche pubbliche, incremento dei fondi per il dopo-scuola, triplicazione dei finanziamenti per le scuole ubicate nei quartieri più poveri.


Kamala Harris si è esposta offrendo un aumento generalizzato dei salari degli insegnanti e la necessità di aumentare la diversità razziale degli insegnanti stessi. Citando ricerche che mostrano come un bambino nero abbia più possibilità di accedere all’università e completare gli studi se durante la scuola elementare ha avuto almeno un insegnante di colore. Harris è anche la candidata che più spesso menziona il tema delle stragi nelle scuole, ricordando come, al di là delle note tragedie - tra falsi allarmi e attentati sventati - nel solo anno scolastico 2017-2018 oltre 4 milioni di studenti sono stati coinvolti in situazioni d’emergenza, annunci di coprifuoco, asserragliamenti. Una condizione terribile e di cui bambini e adolescenti coinvolti portano i traumi per sempre.


Chi poi, sicuramente, è la paladina dell’istruzione pubblica e colei che più insiste sulla scuola nel proprio programma elettorale, è Elizabeth Warren. “I soldi pubblici devono restare nelle scuole pubbliche” è una delle sue frasi ricorrenti. Unita alla promessa di nominare un insegnante di scuola pubblica come Segretario all’Educazione del suo eventuale governo. Spesso ospite di eventi organizzati dai sindacati degli insegnanti, a cui ha promesso di rendere più facile l’iscrizione e favorirne l’attività nei luoghi di lavoro, Warren ama ricordare che lei stessa è stata docente in una scuola elementare pubblica a inizio carriera. Tra i suoi nemici giurati vi è l’attuale ministro dell’Istruzione Betsy DeVos che non a caso è la principale sostenitrice del sistema delle charter schools e dei finanziamenti pubblici alle scuole religiose.
 
 
 


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Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
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