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Numero 1 - Gennaio 2020
Numero 1 Gennaio 2020

Che cosa ci dice la tragedia del piccolo Leo

Nei giorni di sgomento e dolore si è detto che non è il momento di recriminare, ma non si può non rilevare che nelle scuole l'omessa vigilanza è spesso la conseguenza dei tagli al personale che tutti i governi degli ultimi vent'anni, di qualsiasi colore e con singolare continuità, hanno attuato nella scuola.


29 Dicembre 2019 | di Valeria Ammenti

Che cosa ci dice la tragedia del piccolo Leo Il piccolo Leonardo, 6 anni non ancora compiuti, è morto cadendo nella tromba delle scale della scuola di via Pirelli, a Milano (1). Questo fatto tragico ci devasta perché non si può pensare che si possa morire a scuola. Per un attimo il bambino è sfuggito alla sorveglianza dell'insegnante e della bidella e, per quanto è stato appurato finora, ha preso una sedia e l'ha usata per sporgersi dalla balaustra, facendo un volo di 16 metri. Adesso la magistratura dovrà accertare le responsabilità e trovare il/i colpevole/i dell'omessa vigilanza. 
Questo tragico evento solleva due questioni: una riguarda le effettive condizioni in cui si esercita la vigilanza nelle scuole, l'altra la funzione educativa della scuola che non può essere ridotta a custodia (2).
Chi lavora nella scuola con i bambini sa che l'omessa vigilanza è un fatto in parte ineludibile, anche se tu insegnante fai di tutto per avere sempre i bambini sotto controllo. Anche perché la scuola non è un luogo di detenzione e non deve diventarlo.
La maggior parte dei dirigenti scolastici dispone i piani della sorveglianza in modo unilaterale e, la maggior parte delle volte, se la cava con circolari secondo cui bidelli e insegnanti dovrebbero avere il dono dell'ubiquità. Ma sappiamo che questo dono non è dato. Nei giorni di sgomento e dolore si è detto che non è il momento di recriminare, ma non si può non rilevare che nelle scuole l'omessa vigilanza è spesso la conseguenza dei tagli al personale che tutti i governi degli ultimi vent'anni, di qualsiasi colore e con singolare continuità, hanno attuato nella scuola. Mi spiace per il ministro Fioramonti e per le sue dichiarazioni di buona volontà, ma non vedo alcuna inversione di tendenza, basti pensare che le compresenze, che nella scuola primaria hanno qualificato il tempo pieno (che senza quelle sono soltanto un tempo lungo, sempre meno servizio educativo e sempre più servizio sociale per madri lavoratrici), sono pressoché impossibili da realizzare, che i collaboratori scolastici continuano ad essere sottodimensionati e che, in caso di assenza, non possono essere sostituiti prima di 7 giorni. 
Questa è la realtà della scuola italiana e nei  giorni di lutto e dolore ho ascoltato tante lacrime di coccodrillo provenire dai piani alti del ministero e dei partiti. Avrei preferito una netta inversione di tendenza e scelte conseguenti. 
Se sei in classe con 20 bambini e uno di loro ha bisogno di andare in bagno prima delle 10,30, quando sono in servizio 2 sole bidelle che contemporaneamente devono presidiare l'ingresso, raccogliere le presenze per la mensa, rispondere al telefono, far firmare le circolari e rispondere alle necessità di 15 classi, cioè ad una media di 300 alunni, tu insegnante hai queste possibilità: considerando che non puoi lasciare il gruppo incustodito per vigilare su un solo alunno, puoi suonare il campanello e sperare che una delle bidelle arrivi, se non arriva puoi negare al bambino di uscire e sperare che il bisogno non sia così impellente e che i genitori non ti denuncino, perché impedire di soddisfare questa necessità primaria è una forma di violenza, oppure puoi lasciare andare in bagno il bambino da solo, tenendo la porta dell'aula aperta ma sapendo che ci sarà un momento in cui necessariamente lo perderai di vista, oppure puoi portare tutti in bagno. In quest'ultimo caso devi sperare che nelle prime due ore di lezione le richieste siano contenute, altrimenti invece di fare attività didattica si fa toilette. 
Se invece il bisogno impellente ce l'ha l'insegnante, se lo tiene finché non arriva il collega. 
Tutto ciò premesso, penso anche che esistano le tragiche fatalità.
 
C'è tuttavia un tema che non può passare inosservato e riguarda le implicazioni educative su cui ci interroga questo evento drammatico, che ci devasta come educatori e, per chi lo è, come genitori. 
Negli ambienti urbani il mondo adulto predefinisce, in modo pressoché totalizzante, le attività dei bambini, che avvengono quasi sempre al chiuso, con forme a volte quasi ossessive di tutela dell'incolumità fisica, con il rischio di compromettere l'acquisizione di un vasto arco di competenze psicomotorie, cognitive ed emotive. I bambini di oggi sono stati privati della libertà di fare esperienza diretta tra loro e in spazi naturali e il fare esperienza comporta dei rischi. È la vita stessa ad essere rischiosa. I 'bambini di una volta' sono cresciuti correndo questi rischi, misurandosi con essi ed imparando così a valutare il senso del limite, le proprie possibilità e potenzialità e a scansare i pericoli. Potevano giocare da soli nei cortili, sguazzare, infangarsi, rotolare, arrampicarsi, altalenare, tenersi in equilibrio, cadere e farsi male. È in questo modo che i bambini, da sempre, hanno appreso ad appropriarsi di sé e del mondo. I contesti educativi non devono sottrarre esperienze ai bambini, al contrario, devono proporgliele, promuovendone gradualmente l'autonomia. I bambini di oggi sono ipercontrollati, costantemente monitorati 'al chiuso' dal grande fratello dello sguardo adulto e in questa costrizione si realizza il paradosso di una tutela estremizzata dell'infanzia che conduce alla sua negazione. Lo spazio tra la promozione dell'autonomia e la necessità di tutela dal rischio è quindi molto sottile ed è lì che, a mio parere, si gioca la professionalità docente. Vuol dire che il tema della sicurezza non può essere ridotto alla sorveglianza, ma deve riguardare necessariamente e prioritariamente l'educazione. 
 
 
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(1) Il fatto è accaduto il 19 ottobre a Milano. Il piccolo è stato ricoverato in neurorianimazione all'ospedale Niguarda, in condizioni disperate. Non è servito a nulla il tentativo dei medici di salvargli la vita con un intervento d'urgenza. Il 22 ottobre il bambino è morto. L’ inchiesta dovrà appurare le responsabilità, se vi sono. Dalle prime verifiche, sembra che il bambino, dopo essersi allontanato dalla classe per pochi minuti chiedendo di andare in bagno, abbia avvicinato la seggiola della postazione della bidella, nel frattempo occupata a seguire altri due piccoli, a una ringhiera per poi salire sopra e affacciarsi.
 
(2) Sulle responsabilità degli insegnanti verso i propri discenti nello svolgimento quotidiano della professione docente ricordiamo il recente lavoro di Rino Di Meglio e Alfredo Vitali “La responsabilità civile e penale degli insegnanti”, pubblicato nel 2018 dalla EdiSES, trattato nell’ allegato a “ Professione docente” del numero di settembre 2019, Libertà e responsabilità e recensito nel numero di gennaio 2019.
 
 
 


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Numero 1 - Gennaio 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Valeria Ammenti, Ave Bolletta, Giovanni Carosotti, Rosario Cutrupia, Alberto Dainese, Giovanni De Luna, Danilo Falsoni, Marco Morini, Rocco Antonio Nucera, Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Sergio Torcinovich, Ester Trevisan, Maurizio Viroli.