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Numero 4 - Settembre 2020
Numero 4 Settembre 2020

Avanza la Migrazione digitale? Scorci, problemi, “compiti per le vacanze”

Le scuola in Francia hanno reagito nei modi più disparati . Anche le università hanno reagito in ordine sparso, sullo sfondo della imposizione dei server americani per tutta la didattica.


28 Agosto 2020 | di Roberto Casati

Avanza la Migrazione digitale?  Scorci, problemi, “compiti per le vacanze” La crisi sanitaria ha precipitato la migrazione digitale? Penso che in questi ultimi mesi abbiamo visto un po’ di tutto. Prendete il caso della scuola (offro come al solito una prospettiva francese, e in parte comparata). Il giorno prima del confino generale di metà marzo il Ministro dell’Istruzione francese dichiara che le scuole non possono chiudere, è impensabile, altrimenti i genitori non potranno andare a lavorare (le scuole hanno poi chiuso per due mesi salvo per il lavoratori e le lavoratrici essenziali, riaperto parzialmente in maggio, e completamente nelle due ultime settimane di giugno.) Messe alle strette, gli istituti di ogni ordine e grado hanno funzionato nei modi più disparati: un immenso esperimento sociale. Alcune hanno retto bene e anzi trovato un’occasione di crescere; altre sono letteralmente scomparse dall’orizzonte dei genitori e degli studenti e studentesse; la maggior parte sembra essersi barcamenata tra compiti, didattica online, supplenze difficili. Anche le università hanno reagito in ordine sparso. Dopo alcune incertezze iniziali si è trasferita la didattica su varie piattaforme, di cui la più celebre è Zoom. Le mie due istituzioni di tutela non hanno trovato le condizioni di uso di Zoom soddisfacenti e hanno optato l’una per GoToMeeting, l’altra per BigBlueButton – quest’ultimo, open source, permette di non scaricare una app dedicata sul proprio computer e viene ospitato su un server proprio all’istituto. Trovo assai interessante che vi sia stata poca discussione su questo punto fondamentale: perché lasciare che tutta la didattica mondiale passi per gli schermi e i server di una società americana? Magari le istituzioni possono fare i compiti delle vacanze e riflettere a delle alternative? Pensare anche in grande, creare delle infrastrutture europee per l’istruzione?
Come pure si dovrebbero fare i compiti delle vacanze sui seguenti temi; i nomi che metto in seguito sono di fantasia, le storie vere.
Come valutare? Marco, pianista, non può fare l’esame di passaggio al Conservatorio perché la commissione non può riunirsi per ragioni sanitarie. Zoom? Troppo rischioso, potrebbe cadere la linea. Gli viene proposto di registrare i tre obbligati per l’esame, girare un video a casa sua. All’inizio Marco è contento, ha tempo, può rifare, ma col passare del tempo diventa sempre più nervoso. Che cosa succede? Se suoni dal vivo davanti alla commissione e fai un errore (cosa assai probabile) sai che devi andare avanti e gestire il resto del tuo pezzo. Ma se ti inceppi durante la registrazione, ebbene rifarai la registrazione finché non ti verrà perfetta. E Marco registra e registra, non solo per via di quell’ostico arpeggio, ma perché passa il camion della spazzatura, il fratellino fa partire il nuovo supermissile, una finestra sbatte, e anche perché i suoi genitori (entrambi in smartwork) lo interrompono perché non ne possono più. Si tratta allora di un altro tipo di esecuzione, di un altro modo di suonare, di pensare a se stessi mentre si suona. Non parlo neanche della musica da camera, nonostante i molti concerti multivisione che sono diventati virali. Bisognerà ragionarci.
L’etichetta. Spegnere la telecamera mentre parla la prof, o lasciarla accesa? Nei nostri corsi abbiamo optato per telecamere di tutti accese: troppo deprimente parlare a un pubblico di rettangolini neri. Ma è vietato fumare in videoconferenza, anche se si è sul terrazzo di casa propria. Non si sa bene perché, ma è sembrato a tutti sbagliato che qualcuno si mostrasse con la sigaretta in bocca.
La pizza social. Cerchiamo di recuperare un po’ di socialità, invitiamo i nostri studenti a restare dieci minuti dopo la lezione per due chiacchiere informali! Macché, non funziona: gli incontri informali “dal vivo” servono per instaurare delle conversazioni a due a due, protetti nel rumore di fondo del gruppo; la festa non è una conferenza. Online invece ci sono i soliti che parlano, e tutti gli altri devono ascoltarli. Il distanziamento sociale non favorisce automaticamente la socializzazione a distanza.
Il cinema non è teatro filmato. Se lo fosse, non sarebbe quello che è: effetti speciali, montaggio, movimento della videocamera, cambiamenti repentini di prospettiva, primo piano e piano americano, bianco e nero e colore, cinema muto. Perché permettere che la scuola online sia semplicemente una diretta della scuola sui banchi, con qualche piccola differenza? Non possiamo inventarci qualcosa di meglio che l’icona per gli applausi e quella per alzare la mano?
Espedienti. Ho un insegnamento seminariale, dialettico, già non faccio molto powerpoint, e soffro per la lezione frontale che è pure diventata schermale. Mi manca la possibilità di interrompere il filo, di seguire fino in fondo una domanda, di provocare la classe. Ho trovato un sistema che mi aiuta e sembra aiutare studenti e studentesse. Ogni mezz’ora interrompo tutto, creo aleatoriamente (d’accordo, confesso: non sempre aleatoriamente) degli abbinamenti di studenti, li faccio lavorare in tandem per cinque minuti cinque utilizzando la chat interna del corso video, per poi avere una restituzione nel collettivo. Sembra piacere, arrivano domande strutturate, si ritrova un minimo di convivialità. Vale la pena di farlo anche con la classe dal vivo.
Altri espedienti. Anna va in biblioteca non per cercare libri, ma per studiare. Vedere intorno a sé persone che studiano in silenzio, la incoraggia, la incita, calma la sua ansia, la pungola. La biblioteca le è mancata, ha trovato un gruppo online che crea delle sale di lettura virtuali. Le regole del gruppo sono: vietato parlare, microfono spento, telecamera sempre accesa, e davanti alla telecamera si può solo studiare o scrivere, al massimo sorseggiare un caffè.
La divisione del lavoro. Il ministro dell’istruzione francese ha messo il dito sulla piaga, la conversazione che ne è seguita non è stata facile. Maria, madre single, è in smartwork, quindi non ha diritto di mandare i suoi figli Giacomo e Andrea a scuola (ultim’anno di materna e seconda elementare). Deve quindi occuparsi di loro non soltanto rispondendo alle incessanti richieste d’attenzione, ma anche mettendo in opera i vari progetti pedagogici che il corpo insegnante (attento, preparato, collaborativo) le invia due volte alla settimana: dallo sviluppo della manualità grafica alle nozioni di geometria al dettato e chi più ne ha più ne metta. Maria si ritrova a fare tre lavori, e le sembra di fare non benissimo nessuno dei tre. Il corpo insegnante è stato categorico: niente va online, non rientra nel progetto pedagogico (molti dei suoi membri, peraltro, sono in smartwork con i figli a casa). Ma a Maria basterebbero un paio d’ore al giorno in cui lasciare i suoi bimbi in un “ambiente” scolastico, davanti a uno schermo amico, per avere un po’ di respiro e assicurarsi che non perdano il contatto con la scuola. I genitori come lei giungono alla conclusione esplicita che la scuola non serve soltanto a imparare e a socializzare: serve a intrattenere bambini e bambine di cui i genitori non possono occuparsi a tempo pieno, ed è anzi questa, per moltissime famiglie, la sua funzione principale. Ma ogni volta che Maria evoca il tema con l’insegnante, si accorge che l’argomento è tabù. Se ne può discutere?
 
 
 
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Roberto Casati è un Filosofo italiano, studioso dei processi cognitivi. Attualmente è Direttore di ricerca del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), presso l'Institut Nicod a Parigi. Esponente della filosofia analitica, già docente in diverse università europee e statunitensi, è autore di vari romanzi e saggi, tra cui La scoperta dell’ombra (2001), tradotto in sette lingue e vincitore di diversi premi, la raccolta di racconti filosofici Il caso Wassermann e altri incidenti metafisici (2006), Prima lezione di filosofia (2011) , Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere(2013),  recensito in “ Professione docente”, settembre 2016, con un’ intervista all’ autore e La lezione del freddo, presso Einaudi,  una filosofia e un manuale narrativo di sopravvivenza per il cambiamento climatico. Questo libro ha vinto il premio ITAS del libro di montagna e il premio Procida Elsa Morante L'isola di Arturo 2018. 
 
 


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Numero 4 - Settembre 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Michele Anelina, Stefano Battilana, Piero Capello, Roberto Casati, Alberto Dainese, Gilda Sardegna, Giulio Ferroni, Maria Alessandra Magali, Elvio Mori, Marco Morini, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan.
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