“La scuola, infatti, è ciò che dopo un paio di decenni sarà il Paese". Ernesto Galli Della Loggia.
“Eppure è nella struttura pubblica del sistema scolastico a tutti i livelli che risiede la difesa della democrazia italiana dai pericoli che la assediano". Adriano Prosperi.
25 Agosto 2015 | di Renza Bertuzzi
La Legge 107/2015 presenta molti aspetti pericolosi di cui si è già parlato in questo numero del giornale, tuttavia, come hanno notato- inascoltati- diversi intellettuali l’ elemento più preoccupante di tutto il programma della Buona scuola è la mancanza di un progetto culturale. A quale scuola, istituzione della Repubblica, si sta pensando? A quali assi culturali si intende far riferimento nella costruzione di un’ identità delle nuove generazioni? Su quali valori si vuole puntare?
“La buona scuola non è solo quella degli edifici che non cascano a pezzi. [...].La buona scuola è innanzi tutto un’idea. Un’idea forte di partenza circa ciò a cui la scuola deve servire: cioè del tipo di cittadino - e vorrei dire di più, di persona - che si vuole formare, e dunque del Paese che si vuole così contribuire a costruire.
In questo senso, [...] ogni decisione non di routine in merito alla scuola è la decisione più politica che ci sia. È il cuore della politica. Né è il caso di avere paura delle parole: fatta salva l’inviolabilità delle coscienze negli ambiti in cui è materia di coscienza, la collettività ha ben il diritto di rivendicare per il tramite della politica una funzione educativa.
La scuola - è giunto il momento di ribadirlo - o è un progetto politico nel senso più alto del termine, o non è. Solo a questa condizione essa è ciò che deve essere: non solo un luogo in cui si apprendono nozioni, bensì dove intorno ad alcuni orientamenti culturali di base si formano dei caratteri, delle personalità; dove si costruisce un atteggiamento complessivo nei confronti del mondo, che attraverso il prisma di una miriade di soggettività costituirà poi il volto futuro della società.
La scuola, infatti, è ciò che dopo un paio di decenni sarà il Paese: non il suo Prodotto interno lordo, il suo mercato del lavoro: o meglio, anche queste cose ma soprattutto i suoi valori, la sua antropologia, il suo ordito morale, la sua tenuta.” Così Ernesto Galli della Loggia, nel Corriere della Sera, 8 marzo 2015. La scuola cattiva è questa.
A cui ha fatto seguito Adriano Prosperi, in “ Repubblica” del 19 maggio 2015, La riforma della scuola e il segno della sconfitta
[ ...] Si è perduta l’idea della funzione comune di tutto l’insieme della scuola pubblica. [...]Eppure è nella struttura pubblica del sistema scolastico a tutti i livelli che risiede la difesa della democrazia italiana dai pericoli che la assediano. Chi si straccia le vesti davanti alla fine del bicameralismo dovrebbe farlo assai più davanti al percorso liquidatorio della scuola pubblica: un percorso da tempo avviato da una classe politica spesso penosamente incolta, selezionata con le liste bloccate, incapace di rispettare l’unica categoria insieme alla magistratura che eserciti la sua professione dopo avere studiato a lungo e dopo essersi sottoposta a pubblici concorsi. Senza una scuola dello Stato italiano che garantisca a tutti i cittadini la stessa qualità di offerta educativa, senza docenti selezionati in università statali di pari dignità e livello, senza concorsi pubblici, è difficile sperare che rinasca quell’unica condizione fondamentale perché l’incontro tra professore e allievo torni a essere quello giusto: la passione del docente per quello che fa. Non si dimentichi che la scuola ha creato la lingua degli italiani e con la lingua la letteratura ben prima che se ne occupassero il cinema e la televisione.
È nella scuola che i diritti astrattamente descritti nella Costituzione diventano esercizio quotidiano, materia primaria di confronto e di palestra civile nel rapporto tra culture, religioni, questioni di colore e di sesso. Così è sempre stato. Alla creazione di questa scuola si sono dedicati i maggiori ingegni dell’Italia risorgimentale. Se gli italiani non sono più il “volgo disperso” descritto da Manzoni, se la Recanati di Leopardi non è più un “borgo selvaggio” ma ha uno splendido Liceo dove anche gli ultimi nipoti dello zappatore e della “donzelletta” possono studiare, è per merito di un percorso faticoso ma fondamentale di costruzione di una buona scuola. O vogliamo tornare alle biblioteche e ai soldi di famiglia, ai precettori privati e ai colleges per i più fortunati lasciando gli altri a incanaglirsi nelle scuole e nelle università di serie B?
Il cosiddetto progetto culturale è un elenco della spesa frammentato e pericoloso : basti citare il tema dello studio della Storia dell’ arte divenuto” potenziamento delle competenze nella pratica ( ?) e nella cultura musicali, nell'arte e nella storia dell'arte” senza nominare l’ art. 9 della Costituzione italiana. Senza accennare all’ importanza storica e identitaria del nostro patrimonio artistico. O lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, senza nulla dire sul fatto che il capitale che Google e Facebook, accumulano e moltiplicano sono le centinaia di scelte che noi, ogni giorno, operiamo sul web, fino a costituire un profilo che è una guida sicura e fruttuosa per la pubblicità.
Non basta. Il punto nevralgico di tutto l’ impianto è la frantumazione del sistema nazionale e statale dell' istruzione, parcellizzato nelle scuole- monadi. I piani triennali, elaborati localmente, rischiano di aprire la strada alle concentrazioni ( ideologiche ? religiose?) di famiglie e studenti. La libertà nella scuola, elemento fondamentale dell' istruzione pubblica verrà sostituita dalle libertà della scuola, caratteristica storica dell' istruzione privata. Con il rischio di differenziare la fisionomia di una cultura in cui dovrebbero riconoscersi i cittadini di un Paese.
Da ciò, la cancellazione dell’ idea repubblicana di scuola, come strumento di miglioramento della Repubblica attraverso la formazione delle nuove generazioni. Un’ idea della nostra Costituzione.
Il tutto inserito nell’ idea liberista di una scuola non più istituzione dello stato ma ancella del territorio che puntualmente si ripresenta da diversi anni , e per ultimo nella PDL 953. Una prospettiva che supera -a nostro avviso- i limiti che la Costituzione tuttora vigente impone all’Autonomia e alla concezione della scuola. Oltre a collocarsi fuori dai principi costituzionali, questo modello appare decisamente pericoloso: il mito del territorio viene innalzato a valore senza limiti, mentre sappiamo tutti che cosa sia, in Italia, il territorio, spesso luogo da correggere e da modificare piuttosto che da assecondare.
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