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Numero 3 - Maggio 2016
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Edgar Morin: insegnare a vivere. Ma come?

Edgar Morin, Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l'educazione, Raffaello Cortina Editore


17 Aprile 2016 | di Fabrizio Reberschegg

Edgar Morin: insegnare a vivere. Ma come? Alla bella età di 94 anni, il famoso sociologo francese Morin ci offre una ulteriore riflessione sui temi della scuola e dell'educazione dopo la fortuna dei suoi libri "La testa ben fatta" del 2000 e "I sette saperi necessari all'educazione del futuro" del 2001. Si tratta di una summa delle sue teorie sull'educazione che sono state utilizzate da troppi pedagogisti per legittimare le più svariate e contraddittorie proposte di riforma del sistema scolastico degli ultimi vent'anni.
Ricordiamo che Luigi Berlinguer lo ha chiamato in più occasioni a sostegno delle sue tesi sulla scuola dell'autonomia e sulle sue proposte di riforma della scuola. I risultati della riforma Berlinguer, che ha aperto la strada alle tante riforme che si sono susseguite in Italia negli ultimi anni (Moratti, Gelmini, Buona Scuola) sono sotto gli occhi di tutti.
Il libro di Morin prende atto della crisi del sistema educativo che si inserisce nella più complessa crisi del pensiero e della cultura occidentale. Il compito dell’educazione non è semplicemente spiegare, in termini concettuali che si vogliono oggettivi, ma offrire una comprensione umana, che richiede apertura verso l’altro nel superamento della dicotomia tra cultura umanistica e cultura scientifica. Gli insegnanti dovrebbero attuare e insegnare un'etica del dialogo, dialogo tra docenti e discenti e tra docenti e docenti valorizzando l'Amore, l'Eros pedagogico platonico che è al centro anche delle riflessioni di Recalcati in Italia. Valorizzando soprattutto la cultura umanistica messa all'angolo dalla vulgata tecno-economica dominante.
Morin, riferendosi in particolare alla situazione della scuola superiore, prende atto che il corpo insegnante sta subendo una demoralizzazione nella degradazione del proprio prestigio, al controllo delle famiglie, alla cultura mediatica e internautica diffusa nella classe giovanile, alla progressiva burocratizzazione del lavoro misurato e misurabile.
Qual è la proposta? Si tratta di resistere alla pressione del pensiero economico e tecnocratico facendosi promotori della cultura e del superamento della disgiunzione tra scienze e cultura e scienza umanistica, si tratta di sfuggire al circolo vizioso delle umiliazioni per trovare il circolo virtuoso dei riconoscimenti reciproci. Ma soprattutto si deve introdurre e valorizzare una rivoluzione culturale introducendo l'Eros del direttore d'orchestra, maestro o professore, che può e deve guidare la rivoluzione pedagogica della conoscenza e del pensiero. Lo scopo della riforma dell'educazione, che è poi il "ben vivere"di ciascuno, richiederebbe la rigenerazione dell'Eros. Una grande riforma più ricca di una rivoluzione: una Metamorfosi.
Nel libro di Morin le suggestioni sono molte, come molti sono gli spunti di riflessione sulla natura dell'insegnamento e le difficoltà in cui si collocano nel contesto socio-economico attuale le politiche scolastiche e dell'insegnamento. Ma si percepisce fin dalla prima pagina la netta separazione tra l'esistente e il possibile. Immaginare che una rivoluzione culturale parta da una rinnovata consapevolezza della classe insegnante che diventerebbe motore della trasformazione è un'immagine utopistica che dimentica che gli insegnanti, e in particolare gli insegnanti oggetto di riforme continue, imposte e pensate da chi non insegna e si dedica alle più varie sperimentazioni pedagogiche e didattiche, sono a loro volta cittadini e lavoratori che vivono in una società non tanto liquida, ma ormai limacciosa. Se la classe di governo non attribuisce una vera autorevolezza ai docenti, che ora vivono nella paura di un demansionamento della loro professione in una logica impiegatizia e assistenziale, se non riconosce, anche in termini stipendiali e di autonomia professionale, la centralità dell'insegnamento e dell'educazione per la società del futuro, libri e riflessioni come quelle di Morin rimangono semplici elucubrazioni inefficaci e astratte. O peggio, possono diventare l'alibi per legittimare l'accanimento terapeutico delle riforme della scuola che vorrebbero con leggi, premi e sanzioni creare l'insegnante "nuovo, erotizzante e nuovo maieuta". L'esperienza del ministro Luigi Berlinguer insegna.





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Numero 3 - Maggio 2016
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