IN QUESTO NUMERO
Numero 3 - Maggio 2018
Numero 3 Maggio 2018

Maestre

Annalisa Santi, Di gesso e cipria. Maestre di fine ottocento tra storia, letteratura e seduzione, Marco del Bucchia editore, 2018. Un libro sul ruolo e sulla condizione delle prime maestre dell’ Istruzione pubblica in Italia.


18 Aprile 2018 | di Renza Bertuzzi

Maestre In un  articolo di questo numero,  Gianluigi Dotti ricorda come la politica dell’erosione della professione docente  sia stata causata dai diversi ministri dell’ Istruzione che hanno avviato una mutazione semantica  per cui il termine insegnante  è diventato  di volta in volta mediatore culturale, operatore di competenze, ... fino all’ultimo ritrovato: “facilitatore” di conoscenze.
Non più dunque, l’ antica parola Maestro. E’ a tutti evidente che  il cambiamento non riguarda solo  l’ aspetto lessicale ma interviene nel significato profondo, istituzionale ed antropologico di questa funzione. Maestro è colui che trasmette saperi  intellettuali, artistici, professionali e artigianali. E’ chi  che sa di più e trasferisce il suo sapere a chi sa di meno, in  quella dimensione che ha sempre caratterizzato la storia delle civiltà : il passaggio di testimone tra le generazioni.
Dunque, la scuola non più luogo di passaggio della cultura ma ibrido svuotato di funzioni culturali.
In questo sfondo, si rivela molto prezioso il bel  libro di Annalisa Santi, Di gesso e cipria. Maestre di fine ottocento tra storia, letteratura e seduzione. Marco del Bucchia Editore, 2018.
Un testo completo  che approfondisce in molti aspetti il ruolo e la condizione delle prime maestre dell’ Istruzione pubblica in Italia. Chi erano le prime maestre che si avventurarono, come tante pioniere, nella neonata scuola del Regno d'Italia? Come vivevano, quale era la loro realtà di lavoro, cosa provavano e, soprattutto, com'erano viste dalla società? Perché, anziché prestigioso, insegnare finiva con l'essere un lavoro difficile, mal retribuito e talvolta pericoloso? Cosa divideva l'opinione pubblica tra sostenitori e contrari all'ingresso delle donne nel mondo dell'istruzione?
 
Il risultato è un lavoro in parte storico e in parte letterario,  che si arricchisce anche di elementi sociologici e di storie di cronaca e di quotidianità, che ne rendono godibile la lettura. Nel libro sono disseminate anche storie d’amore o di innamoramenti, non sempre felici, di maestre o nei loro confronti. Come per esempio la storia d’ amore  alquanto burrascosa di  De Amicis con una maestra, Teresa Boassi. Una relazione  tenuta segreta  a causa delle diverse classi sociali di appartenenza ( per  De Amicis una famiglia benestante, mentre per  Teresa Boassi una famiglia di proletari con difficoltà economiche).  Quando la maestra rimase incinta, furono celebrate nozze civili, ma De Amicis non convisse mai con lei ; una situazione che generò malesseri e frustrazioni fino al suicidio del loro unico figlio.
 
Furono maestre le prime intellettuali, pubbliciste, giornaliste, esponenti della politica e del mondo sindacale. Tra loro poi crebbero anche le prime dirigenti scolastiche e le prime donne che ricoprirono posizioni di vertice nelle istituzioni. Donne che creavano scalpore e facevano discutere: era l’Italia post-unitaria, ancora molto agricola, ancorata alle sue tradizioni, e con ampi strati di popolazione sulla soglia della povertà e dell’analfabetismo. Bisognerà attendere almeno gli anni Cinquanta per vedere il lavoro nella scuola acquisire un certo prestigio.
 
Il libro è diviso in sezioni. La parte dedicata agli scritti di De Amicis, in particolare a due indimenticabili figure di docenti, la volitiva ed energica maestra Pedani di Amore e ginnastica, e la timida maestra Varetti dei corsi per adulti.Due figure simbolo della scuola di quegli anni. La prima ci riporta agli albori dell’educazione fisica, quando tutto ciò che aveva attinenza al corpo creava scandalo. L’altra è la maestra Varetti, giovane maestra nei corsi per gli operai della prima Torino industriale. I corsi serali avevano per obiettivo quello di insegnare a leggere e scrivere ad intere masse di operai analfabeti.
 
Un’altra sezione è dedicata alle maestre napoletane, dove si parla della Campania e in particolare delle esperienze magistrali della scrittrice e giornalista Matilde Serao. I suoi ricordi della scuola, del tirocinio, delle compagne di classe che avevano intrapreso il lavoro nella scuola e che conducevano  esistenze difficili in luoghi sperduti e pieni di difficoltà. Ma anche una cultura sfaccettata e vivace, colorita nelle sue tradizioni e nelle sue tipicità che l’hanno reso famosa nel mondo.
 
Decisamente istruttive, dal punto di vista storico, le pagine dedicate alla  condizioni  in cui le  maestre dovevano insegnare . Condizioni di vita. Agli inizi della storia del Regno d’Italia le scuole erano luoghi vetusti e in pessime condizioni. I comuni dovevano accollarsi le spese del loro funzionamento e dovevano pagare direttamente gli insegnanti. Alle radici della femminilizzazione della scuola vi fu il fatto che le maestre donne costavano meno degli uomini e quindi permettevano di risparmiare. La maestra non di rado viveva dentro la scuola in cui era stata assegnata, come una sorta di monaca. Si alzava all’alba, preparava la legna e scaldava la classe, attendeva a faccende domestiche e alla correzione dei compiti. Gli alunni erano spesso in un numero molto variabile, in base alle condizioni del tempo o alla stagionalità dei lavori agricoli. La pluriclasse poteva superare anche i quaranta bambini, di età e capacità diverse. Un lavoro difficile anche dal punto di vista fisico. Condizioni personali, anche di violenza. Le cronache raccontano di vessazioni e ricatti da parte di signorotti locali, che spesso spadroneggiavano nei paesi. Sono racconti di umiliazioni e in alcuni casi anche di abusi, come la vicenda della maestra Donati, di Lamporecchio, verso cui il paese scatenò una tale scia di calunnie da condurla al suicidio. Una storia che colpì profondamente l’opinione pubblica di allora. Molte furono anche le maestre suicide, vittime dell’isolamento sociale, delle loro fragilità e di una società che condannava molto rapidamente, spesso sulla base di dicerie popolari. Ma tutto il mondo scolastico era soggetto ad una certa pericolosità, se è vero che ispettori e provveditori giravano addirittura armati di pistola, come leggiamo in De Amicis. Partire per una visita ispettiva sul far della sera, in scuole lontane, isolate e immerse nella nebbia poteva diventare occasione di regolamenti di conti e vedette.
 
 


Condividi questo articolo:

Numero 3 - Maggio 2018
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Giovanni Carosotti, Roberto Casati, Vito Carlo Castellana, Alberto Dainese, Marco Morini, Emilio Pasquini, Adolfo Scotto di Luzio,
Fabrizio Tonello, Ester Trevisan