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Numero 2 - Marzo 2019
Numero 2 Marzo 2019

Oltre (e contro) le retoriche della scuola digitale

(e per evitare una frettolosa e ingiustificata trasmigrazione di tutto il cartaceo al digitale)


24 Febbraio 2019 | di Roberto Casati

Oltre (e contro) le retoriche della scuola digitale Molti di noi si confrontano quotidianamente con questioni che nascono da una società sempre più digitale. La migrazione digitale è piena di promesse, ma non tutte saranno necessariamente mantenute ed in alcuni casi si potrebbero creare altri e più difficili problemi. Ciò significa che dobbiamo usare un principio di precauzione nell’affrontare ogni singolo caso di migrazione, cioè non soltanto rifiutare la migrazione, quando si dimostra una scelta sbagliata, ma rifiutarla se non  ci sono prove che sia benefica. Quando si parla di migrazione caso per caso,  dovremmo far attenzione agli slogan e ai  dati insufficienti e falsati che introducono fattori di disturbo nella discussione o astutamente la distorcono.  Per esempio,
 
Digitalizzare x oppure digitalizzare una rappresentazione di x ?
Si può digitalizzare (o trasferire nella sfera digitale) una rappresentazione di cibo o di un rifugio per proteggersi dalla neve. Non il cibo stesso o il rifugio. Le rappresentazioni sono il candidato naturale della digitalizzazione:  digitalizziamo il contenuto di libri, fotografie, registrazioni. Ogni volta che vengono elaborate informazioni, queste possono essere trasformate in formato digitale e mediate attraverso un apparecchio elettronico. Alcune attività sono destinate a non rimanere digitali. In alcuni casi bisogna muovere ed elaborare molecole ed atomi, non solo elettroni. Non puoi mangiare la digitalizzazione di un panino.
 
Digitalizzare x oppure assistenza digitale di x?
Non posso digitalizzare i miei esercizi di stretching, li devo fare se voglio migliorare, però posso farmi assistere in modo digitale. Posso usare la Wii per esercitarmi. Ma è soltanto un’assistenza, non  la digitalizzazione di un’ attività.
Molta retorica nasce dall’ignorare queste distinzioni base. E produce creature mitiche:
 
Nativi digitali oppure soggetti digitali ?
La parola “nativo” suggerisce l’acquisizione di competenze nello stesso modo in cui i madrelingua acquisiscono la prima lingua. I bambini nati dopo il 1990 (o altra data significativa) sarebbero stati così profondamente esposti alle nuove tecnologie da mutare le loro menti  e acquisire delle competenze, come quelle dei madrelingua esposti alla loro lingua madre. E avrebbero appreso senza diffiicoltà un nuovo 'linguaggio'.
Non esiste alcuna prova di tale presunta mutazione antropologica. In verità data l’estrema fruibilità di tutte le apparecchiature elettroniche che circolano oggigiorno, tutti sono ormai abbastanza pratici di nuove tecnologie (i nonni digitali sono in ascesa). La nozione di nativo digitale è una narrazione, non un dato di fatto in termini psicologici. Usate il termine 'soggetti digitali' quando parlate di persone che sono state esposte alle apparecchiature digitali per la maggior parte della loro vita. È un termine più neutro, non suggerisce una nuova (inesistente) forma di intelligenza o abilità cognitiva.Si noti che l’esposizione a questi apparecchi non si traduce automaticamente in competenza digitale.
 
I bambini di oggi sono incredibilmente abili nell’usare una tecnologia complessa  oppure la tecnologia odierna è fatta in modo tale che persino un bambino sa usarla ?
Questo dato è sufficiente a ridimensionare la nozione di nativi digitali. Data l’estrema praticità e fruibilità della tecnologia dal 2012 i nonni – un meraviglioso gruppo di controllo – sono bravi ad usare i tablet quanto i loro nipoti.
 
Complotto digitale (attività) oppure colonialismo digitale (ideologia)?
Persino i difensori delle teorie del complotto sono sorpresi dai progressi di agenzie come la NSA americana. Ma non dovremmo limitarci a denunciare lo spionaggio illegale , perché queste misure intenzionali finalizzate al controllo sociale sono solo un’interpretazione parziale della questione. Il colonialismo digitale si situa ad un livello diverso. Il colonialismo digitale è un’ideologia, cioè un insieme di idee. La tesi principale del colonialismo digitale è che tutto quello che può diventare digitale, deve diventarlo. Il motivo di considerarlo un’ideologia è che così si può decidere di accettarla o rifiutarla. Dipende da noi.
 
Apocalisse, Vangelo oppure  negoziazione ?
Non c’è bisogno di rifiutare tutto quello che è digitale né di accettare tutto. Negoziare l’uso, caso per caso, è l’atteggiamento più saggio.
 
Divario digitale oppure divari digitali?
Dieci anni fa ci si preoccupava che una parte della popolazione non avesse accesso alla rete. Quello era il significato originario di 'divario digitale'.
Il divario avrebbe tenuto lontani coloro che hanno accesso alle tecnologie, in particolare alla rete, da coloro che ne sono fuori. Quest’accezione ha il vantaggio di fornire una misurazione oggettiva immediata utile a chi fa politica, che per esempio può vantare un aumento delle scuole e di case connesse alla rete. Ci sono ora altre accezioni. Un uso provocatorio della nozione di divario digitale da parte dei colonialisti taglia in due case ed aule: da una parte genitori e insegnanti, che sarebbero meno a loro agio con le apparecchiature digitali, e dall’altra bambini e studenti perfettamente a loro agio con gadget elettronici (ma vedi sopra, Soggetti Digitali). Un’altra idea è che il divario digitale separerebbe le abilità all'interno di una popolazione di utenti massicci dellenuove tecnologie. Da una parte c’è qualcuno che conosce come sfruttarle per i propri fini e le usa per effettuare operazioni sistematiche e ricerche strutturate, dall’altra parte ci sono quelli che accettano il primo risultato di un motore di ricerca.  Non vi sorprenderà scoprire che il censo e la buona istruzione aiutano ad essere classificati nel primo gruppo.
Tutto ciò fa presagire una frontiera ambiziosa per l’applicazione del concetto. Mi è capitato di prendere una seggiovia in Svizzera. Sulla barra di protezione, una pubblicità mostrava l’immagine di  una mano che teneva uno smartphone con una app di informazione delle tendenze del mercato dei cambi. Il messaggio era abbastanza prevedibile: grazie alla vostra app  sarete sempre in contatto con i vostri affari anche quando siete in vacanza. In effetti per gli schiavi del digitale anche la vacanza è lavoro. Un’altra pubblicità mi dava il benvenuto alla stazione di arrivo. Qui un gentiluomo anziano e sicuramente benestante si godeva il suo tempo libero su una terrazza di teak davanti alle nevi perenni. Messaggio completamente diverso. “Rilassatevi – mentre i vostri beni sono in buone mani”, cioè mettete da parte tutte le preoccupazioni, avremo cura dei vostri soldi al posto vostro.
Il nuovo divario digitale è quindi tra quelli per cui essere collegati è una necessità perfino durante il percorso di una seggiovia e quelli che, grazie alla loro ricchezza, possono vivere non connessi e godersi il tempo libero.
Il significato finale di divario digitale è il divario obbligatorio. Le amminstrazioni creano divisioni dove non ce n’erano. Molti governi richiedono di riempire moduli on line, sostituendo la possibilità di un’interazione diretta con il personale o lo scambio di documenti pre-elettronici. Così costringono le persone a connettersi anche se non ne hanno l’intenzione.
 
Mutazione antropologica, dipendenza oppure modello torta Sacher ?
Se non esistono nativi digitali nel senso più ampio del termine, se non vi è alcuna mutazione antropologica in vista, quali sono le opzioni? Un modello popolare suggerisce che l’interazione con lo schermo crei una forma di dipendenza. La natura plastica del cervello rende possibile il rinforzo continuo di alcuni cicli  decisionali che ci tengono davanti allo schermo per un tempo maggiore di quanto sia ragionevole. Un modello più debole afferma che i nuovi dispositivi sono progettati in modo da solleticare la nostra inclinazione per le immagini in movimento o transitorie, per la musica, le luci e  i colori.  Questa propensione ha forti basi nella nostra evoluzione.
Analogamente, abbiamo una forte propensione per i grassi e gli zuccheri, per ragioni evoluzionistiche. Come effetto collaterale,  siamo attratti dalla Sacher e trascuriamo la frutta e le insalate, se ci viene proposta la scelta.
La dipendenza e la mutazione antropologica sono dure da combattere. Ma se il modello della Sacher è corretto, è facile pensare a situazioni che aiutano le buone le abitudini alimentari e educative. Bisogna solo stare attenti a non mettere la Sacher  accanto all’insalata, se pensate che l’insalata sia buona per la vostra salute. Non circondate il libro di video, se volete che venga letto.
 
Accesso alla conoscenza oppure accesso all’informazione?
“Accesso alla conoscenza” è una frase abusata che non ha alcun senso. Puoi cercare su Wikipedia la formulazione del Teorema di Pitagora, ma non per questo avrai la conoscenza del teorema. Devi essere capace di leggere la formulazione (comprendere dei simboli matematici), darne un’interpretazione matematica o algebrica, e magari dimostrarlo tu stesso. Devi essere capace di applicarlo in vari casi, inclusi i casi limite (quelli in cui l’ipotenusa si riduce a un punto). Quello a cui puoi accedere sono informazioni. Troverai su Wikipedia l' informazione che il Teorema di Pitagora è formulato in un certo modo, ma non la conoscenza del teorema.
Alcuni qui giocano sull’ambiguità. Dicono che il Teorema di Pitagora è conoscenza nel senso che è assodato, provato. E’ una certezza.  Vogliono dire che è una verità. Ma la verità non è conoscenza, ed in quel caso ciò che trovi su Wikipedia è l’informazione che il Teorema di Pitagora è una certezza, una verità. Non ne scaturisce alcuna conoscenza.
 
Scuole digitali oppure scuole duali (altrimenti detto: logica della sostituzione oppure   logica dell’accompagnamento) ?
Se non siete contro l’uso delle interfacce digitali a scuola, potete insistere nel dare a Cesare quel che è di Cesare. Se la lettura approfondita è favorita dai libri di carta, quelli dovrebbero essere usati, non i tablet. Naturalmente i tablet possono essere usati per altre attività.
 
Logica del coltello svizzero oppure  strumenti appropriati ?
Se dovete scegliere tra un tablet di 500 euro ed un e-reader di 300, perché non prendere il tablet, che fa molte se non tutte le cose che fa un e-reader e molte altre in più? I tablet sono i coltelli svizzeri dell’era digitale! Un vasto numero di applicazioni permette ai loro lettori di leggere, guardare i video, giocare, simulare, fare calcoli e connettersi alla rete per fare sempre più attività ed accedere ad informazioni universali. La logica è difficile da confutare ma qui, come in molti altri casi, meno può significare di più.
Pensate a questa semplice analogia: nessuno chef si libererebbe del vasto inventario di coltelli nella sua cucina e chiederebbe di comprare invece qualche (o anche soltanto un solo) coltello svizzero. Ognuno dei vecchi strumenti da taglio è adatto ad uno scopo specifico (tagliare il parmigiano, affettare finemente l’agnello, aprire le ostriche, affettare il pane, segare gli ossi) e fa ciò che fa nel modo migliore proprio perché non può fare nient’altro. Come la lavagna, il quaderno, e qualche buona app che non cerca di risolvere tutti i problemi per voi.
 
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Roberto Casati è un Filosofo italiano, studioso dei processi cognitivi. Attualmente è Direttore di ricerca del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), presso l'Institut Nicod a Parigi. Esponente della filosofia analitica, già docente in diverse università europee e statunitensi, è autore di vari romanzi e saggi, tra cui La scoperta dell’ombra (2001), tradotto in sette lingue e vincitore di diversi premi, la raccolta di racconti filosofici Il caso Wassermann e altri incidenti metafisici (2006), Prima lezione di filosofia (2011) , Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere(2013),  recensito in “ Professione docente”, settembre 2016, con un’ intervista all’ autore e La lezione del freddo, presso Einaudi,  una filosofia e un manuale narrativo di sopravvivenza per il cambiamento climatico. Questo libro ha vinto il premio ITAS del libro di montagna e il pre
Procida Elsa Morante L'isola di Arturo 2018.
 
 
 


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Numero 2 - Marzo 2019
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Roberto Casati, Rosario Cutrupia, Alberto Dainese, Domenico De Masi, Vittorio Lodolo D'Oria, Francesco Mazzoni, Marco Morini, Adolfo Scotto di Luzio, Raffaella Soldà, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan.